martedì 31 maggio 2011

Chi ha vinto?Ha vinto davvero"la sinistra"?E chi ha perso?Siamo sicuri che è iniziata la primavera?













di Massimo Marini

Ha vinto la voglia di cambiare, che è fisiologica quando le cose vanno male, soprattutto dal punto di vista economico (lavoro), soprattutto nelle tornate locali. Lo abbiamo visto negli USA, in Spagna, in Germania, l'anno scorso in Inghilterra. Quando "la crisi" si fa sentire, i cittadini che davvero determinano il voto - ovvero coloro i quali stanno più o meno al centro - votano dall'altra parte. Le ali polarizzate, quelle estreme, quelle dell'astensionismo, e quelle dell'indifferenza, sono rimaste dov'erano, il dato di affluenza lo dice chiaro. Solo qualche punto recuperato fra l'astensionismo di sinistra, forse. Dico forse, perché diversi punticini da lì se li è presi Grillo al primo turno e il conseguente astensionismo dei grillini al secondo.



Però non solo la fisiologica voglia di cambiare questo è chiaro, c'è qualcos'altro: lo sfinimento di un'attesa infinita e snervante per il cambiamento che B & Co. dovevano portare e che non è mai arrivato; lo sconforto dato dalla palese indifferenza dell'attuale classe politica verso i veri problemi dei cittadini, delle imprese, dei giovani - contrapposto alla frenetica attività legislativa proB; un po' di vergogna, diciamolo, per l'immagine patetica che B sta imponendo al Paese. Tutte cose appunto che riguardano prevalentemente l'elettorato moderato (e in misura minore, come sopra, l'astensionismo giovanile di sinistra).



Hanno vinto Pisapia, De Magistris, Zedda, Cosolini, Gnassi, Ballaré... ovvero, personalmente, tutti i candidati, capaci abilmente e con programmi innovativi e coraggiosi, di cogliere e intercettare questo disagio.



Ha vinto la sinistra? Io non ne sono tanto sicuro. I risultati di SEL, pur esprimendo due candidati importanti, son stati scarsetti a livello di lista. E ad ogni modo sia Pisapia che Zedda non sono esattamente due vendoliani radicali, questo è palese. Idem per l'IDV a Napoli - anche perché definire De Magistris un candidato di partito, qualsivoglia esso sia, è davvero ridicolo. Certamente ha vinto la chiarezza dei programmi, la freschezza delle persone che lo proponevano - non solo i candidati sindaci, ma pure i candidati consiglieri, gli attivisti, i volontari. Ha vinto quella sensazione che stavolta i candidati fossero espressione davvero dei cittadini, della c.d. "base". Quindi ha vinto l'idea originaria, il progetto del Partito Democratico, senza il quale non saremmo qui a festeggiare queste belle vittorie. E' solo grazie al Partito Democratico, che pur tra millemila mal di pancia è riuscito a rimanere fedele all'apertura verso i cittadini elettori con lo strumento delle primarie, che si è riusciti a ricreare quell'entusiasmo, quel coinvolgimento personale e collettivo attorno a delle candidature: un entusiasmo che a detta di tutti, non si vedeva da tanto, tanto tempo.



Hanno vinto i cittadini. Questa non è una certezza, ovvio, ma più un auspicio. Perché ora arriva il momento più difficile: quello della conferma, dell'applicazione dei programmi, della messa in moto del cambiamento concreto e reale, quotidiano, locale - che passa per lo sviluppo, gli appalti, i rifiuti, la casa, i servizi, la mobilità, l'ambiente, l'innovazione. E in tempi di vacche magrissime, di trasferimenti dallo Stato centrale ridotti all'osso, di federalismo fiscale, i programmi di Pisapia, Zedda, De Magistris e compagnia, rischiano di diventare l'ennesima passerella di buoni propositi mai applicati - un boomerang che è sempre stato più devastante a sinistra che a destra.



Bisognerà dunque - e qui naturalmente sposto il focus su Cagliari, che conosco meglio - avere il coraggio di scelte innovative soprattutto in campo economico, sul mercato del lavoro (il problema naturalmente più sentito). Sarà necessario studiare soluzioni nuove che creino un mix sostenibile di tutela di diritti e sviluppo. Sarà fondamentale prendere il coraggio a due mani e affrontare di petto gli interessi (legittimi) di costruttori e poteri forti locali, così come sarà determinante l'approccio al problema rifiuti e tasse locali. Bisognerà avere il coraggio di abbandonare le politiche assistenzialiste e puntare sulla semplificazione d'impresa che crea occupazione, il tutto legato all'implementazione di servizi innovativi, di accoglienza per gli studenti, di rilancio dell'immagine turistica e del settore culturale. Tutto questo, per Cagliari come per le altre città che più o meno hanno le stesse ambizioni e gli stessi problemi, non potrà essere fatto solo giocando in difesa, ma anzi, studiando, sperimentando, magari sbagliando pure, però certamente trasmettendo ai cittadini la sensazione che si sta provando a cambiare, ad andare avanti.



Dunque, affinché si possa davvero parlare di primavera per le nostre città, è necessario muoversi rapidamente in quella direzione perché se si fallisce stavolta, e soprattutto se disgraziatamente B ascolterà quel geniaccio di Ferrara (rinnovamento di tutto il PDL, primarie, nuova leadership, ramificazione sul territorio), fra 5 anni ci troveremo alla vigilia di un nuovo ventennio iperconservatore (e iperliberista) con magari Montezemolo in testa (che invece deve venire con noi - ma magari su questo tornerò più ampiamente un'altra volta).



CHI HA PERSO

Prima di tutto gli amministratori locali, che hanno amministrato male. Poi B, per quanto detto sopra. Ha perso il multipolarismo - perché fuori dai poli per gli altri più o meno briciole. Ha perso questo PD di sinistra, che ha avuto bisogno di allearsi a personaggi nuovi e freschi (esterni al suo apparato) per conquistare le città più difficili, che è capace di allearsi solo a sinistra dopo aver azzerato tutto il centro interno. Attenzione, perché questa non è la strada che porta alla vittoria nazionale: prima di tutto perché i candidati "di sinistra" vincenti non sono tanto di sinistra - e dunque l'illusione di un'alleanza vincente orientata solo lì può trasformarsi in un abbraccio mortale perpetrato ovviamente dai partiti e dai loro leader, non certo dagli ottimi candidati di questa tornata. E poi perché quando si va per politiche, il voto torna ad essere più di opinione e di visione - e francamente credere davvero che gli italiani, notoriamente moderati, affidino la "visione" a Di Pietro, Vendola e ad un exPCI come Bersani è secondo me sciocco.



CHE FARE QUINDI (per il PD dico)

Amministrare bene (e/o aiutare a farlo), con coraggio, guardando al risultato, che è quello che premia, al di là dei maldipancia; continuare l'apertura e il coinvolgimento diretto dei cittadini; sviluppare e studiare proposte e soluzioni nuove a problemi nuovi; coinvolgere a livello locale i propri giovani, quelli più moderati, quelli di SEL, IDV e M5S a prescindere dalle leadership (insomma i giovani tout court, che di natura guardano avanti indipendentemente dalle proprie ideologie - almeno la maggior parte); a livello nazionale riprendere il centro moderato cattolico ora marginalizzato (e non mi riferisco certo all'UDC) e includere Italia Futura nel progetto di rilancio del Paese; cambiare strategia di marketing comunicativo, in particolare i grafici ma non solo, anche di atteggiamento verso chi rema contro, anche da sinistra. Se il PD, insieme ai cittadini elettori, riuscirà a fare questo, nel 2013 si vince a mani basse, e senza inutili equilibrismi numerici per poltrone ministeriali o simili. E allora potremo dire che la primavera è davvero iniziata.

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Ottimisti e di sinistra












di Emiliano Deiana


Questa è la vittoria più bella.

Questa è la vittoria di tutti.

Questa è la vittoria di un Paese che vuole libertà e pulizia.

Quelle di Pisapia, Zedda e De Magistris (e di tutti gli altri al Nord e al Sud) non sono vittorie contro i Partiti, ma insieme agli uomini e alle donne che formano la spina dorsale di quelle organizzazioni sociali che sono i Partiti. Uomini e donne che talvolta hanno lo sguardo più lungo dei gruppi dirigenti e che capiscono prima di loro quando è il momento del rinnovamento e del cambiamento.

Quelle di Pisapia, Zedda e De Magistris sono anche le vittorie dei gruppi dirigenti dei Partiti di centrosinistra che non si sono rifugiati nel tanto peggio tanto meglio (la destra), ma hanno impegnato tutte le forze per sostenere i candidati di centrosinistra. I timori di "intelligenza col nemico" paventati da qualche intellettualoide ottuso alla vigilia dei ballottaggi si è dissolto man mano che dalle proiezioni si passava ai dati reali.

Le vittorie di Milano, Cagliari e Napoli non sono solo le vittorie dei candidati, ma sono soprattutto le vittorie della città, delle città intese come comunità. Sono le vittorie della voglia di rinnovamento, pulizia, rigore morale e onestà. Sono le vittorie dei beni comuni sull'egoismo nel quale ha attinto il berlusconismo e di cui lo stesso Berlusconi è stato ideologo e massimo esponente.

Le vittorie di Milano, Cagliari e Napoli ci dicono che una classe politica nuova è pronta ad assumersi la responsabilità di condurre il centrosinistra al governo del Paese. Una classe dirigente che si forma nella guida delle comunità locali, ma che rappresenta la forza vera del Partito Democratico e più in genarale del Centrosinistra.

Le vittorie di Milano, Cagliari e Napoli ci dicono che anche opzioni di sinistra e radicali sono accolte dall'elettorato moderato quando si passa dalle ideologie ai temi concreti che riguardano la vita di milioni di persone che abitano quelle città.

In Italia c'è una nuova geografia politica che attraversa il Nord, da ovest ad est, che va da Torino a Trieste e passa per Milano, quella che con Pisapia tornerà ad essere la Capitale Morale d'Italia. Una geoagrafia politica che entra in casa della Lega per dirgli che sui temi del Federalismo si può dialogare se esso si basa sulla sussidiarietà e sulla solidarietà, ma che su impostazioni razziste e fasciste le chiusure sono e saranno fra le più nette.

Una geografia politica che tocca Milano, Torino, Trieste e poi passa per Genova e Bologna, Firenze, Napoli, Cagliari e tutte le città governate da Sindaci del Pd e del Centrosinistra. Perchè è nella forza dei governi locali che si costruisce classe dirigente e cultura di governo.

Ed è questa una vittoria che "sdogana" la parolaccia: sinistra. Perchè è questa una vittoria della sinistra, una vittoria della sinistra riformista e della sinistra radicale. Una sinistra che quando mette da parte gli ideologismi, quando presenta facce nuove e pulite, quando affronta i temi concreti per i cittadini torna ad essere vincente.

Questa vittoria è anche la vittoria dei giovani, della militanza attiva giovane, quella che pone l'asticella alta perchè sa che ha slancio, gambe e cuore per saltarla. Una vittoria giovane che ha il viso di Massimo Zedda che ha rivoluzionato la politica di una città ingessata come Cagliari. Un giovane che ha vinto le Primarie contro tutti i pronostici e che ha "asfaltato" il candidato della destra, garante di tutti i sacri vincoli parentali e di casta, in una città che il gruppo dirigente del Centrosinistra sardo aveva considerato persa.

Adesso la battaglia deve ritornare nella aule parlamentari dove si dovrà certificare la fine del berlusconismo.

Nel frattempo il Centrosinistra deve mettere in campo una proposta politica seria, ferma, matura. Deve cementificare l'alleanza con Idv e Sel e valutare possibili aperture programmatiche all'Udc senza pasticci che gli elettori non capirebbero.

Ma questi sono discorsi per domani. Oggi godiamoci la vittoria che ce n'era davvero bisogno, per gente come noi, ottimisti e di sinistra. Sempre.

lunedì 30 maggio 2011

Dopo il ritorno in porto riprende la navigazione




Sabato pomeriggio,nell'aula consiliare del Comune di Nureci, si è tenuta la seduta di insediamento del nuovo consiglio comunale eletto nelle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio.
Visto come è andata,con una riunione molto serena per via dei reciproci propositi di collaborazione tra maggioranza e minoranza nell'interesse esclusivo della comunità di Nureci, verrebbe da dire che le schermaglie della campagna elettorale erano fisiologiche dinamiche legate appunto a una giusta tensione in vista del voto.
Una per me importante annotazione:sono contento di iniziare una consiliatura nel mio paese nell'anno in cui ricorrono i 150 anni dell'Unità d'Italia.Come scordare l'Italia dei Comuni,quel medioevo,dal 1000 al 1250,che sancì la rinascita politica,culturale e spirituale dell'Italia con l'ascesa dei Comuni.Un periodo di forte sviluppo.Barbarossa,Tommaso d'Aquino,Federico II,Francesco d'Assisi,le conquiste che in due secoli e mezzo hanno deciso il destino del nostro Paese.
Tornando a Nureci,la nave,dopo una proficua navigazione durata cinque anni,era tornata in porto per una ordinaria manutenzione,consentendo ai marinai di rifocillarsi per bene e imbarcare, per la prossima traversata, anche nuove forze in vista del mare aperto dove l'imbarcazione, come nelle precedenti occasioni, sarà certamente ben attrezzata per affrontare eventuali avversità ma dove soprattutto potrà concretizzare e perfezionare tutte quelle operazioni in vista di nuovi importanti traguardi.
Il comandante e tutto l'equipaggio sono di valore.
Contrariamente a quanto avviene nel "Il vecchio e il mare" di Hemingway, dove Santiago deve dimostrare di essere un buon pescatore in mezzo a mille difficoltà,quì il comandante e anche i marinai sono di collaudata esperienza. E non vi saranno nemmeno Manolo che dubitano delle qualità e capacità dello stesso,nè della bontà e validità della causa comune.
E allora buona navigazione a tutti.
Santa Barbara,nostra patrona,aiuti tutti noi!

venerdì 27 maggio 2011

Cagliari di tutti i sardi: per Zedda


Questo il bellissimo articolo di Sandro Roggio pubblicato su Sardegna Democratica che ci da l'idea dell'importanza per la Sardegna intera del voto di Cagliari nel ballottaggio di domenica e lunedì a favore di Massimo Zedda.



Quando Massimo Zedda mi ha coinvolto - nella fase delle primarie - a sostegno della sua candidatura, ho pensato all'importanza di Cagliari per tutti i sardi, anche per quelli che come me abitano da un'altra parte dell'isola. E gli ho mandato un messaggio, nello stile dello spot, che cominciava così: “mi piacerebbe molto avere il dono dell’ubiquità – nel senso della residenza dappertutto - quando si vota nelle città che mi piacciono e che vorrei governate bene. Non sono residente a Cagliari, ma se lo fossi voterei alle primarie Massimo Zedda”.

Oggi sono convinto che al di là delle ragioni politiche generali (se la Destra perdesse pure a Cagliari sarebbe bellissimo !), c'è una motivazione più direttamente legata alla Sardegna per votare a sinistra. Cagliari è non solo la città più grande ma quella che dà l'esempio nel bene e nel male. Le cose che accadono a Cagliari si ritrovano in modi diversi in altri posti della Sardegna, prima o poi.
Una città bella come Cagliari, se è trattata male - e imbruttisce - provoca l’effetto domino, e il brutto è contagioso più di una malattia infettiva, si trasferisce da un luogo a un altro con grande rapidità. Cagliari, una magica concatenazione di siti: un paesaggio raro per evidenti ragioni legate alla singolare stratificazione, all’accumulo di segni. Se Cagliari perdesse le sue qualità se ne risentirebbe a Sassari, Nuoro, a Olbia, eccetera.

I cattivi esempi nel governo del territorio si fanno strada e il peggio può venire dalle ambiguità nel/del centrosinistra che su questo tema non pensa allo stesso modo. Per questo spero che Zedda vinca al ballottaggio, perché la sua azione - immagino - sarà netta e adotterà un metodo contro le doppiezze e le mediazioni estenuanti di chi replica a “cemento” con “un po' meno cemento” (e a “guerra” con “un po' meno guerra” ; a “razzismo” se “con modi gentili”... ).

Ecco, Cagliari si presta per dare un segnale di cambiamento autentico nella progettazione alla scala urbana (così come il governo Soru ha lasciato un segno chiaro nel governo del territorio sardo che - appunto - si prestava). Cagliari, per la sua complessità, si presta per dare risposte su casi esemplari e cruciali e d'interesse translocale, che potranno essere coordinati solo in un programma di avanguardia a presidio dell' interesse comune.

Il caso Tuvixeddu - del quale si parla in Europa - sarà uno dei baricentri del dibattito politico nei prossimi mesi. E' facile immaginarlo. Non lo potrà affrontare, anzi lo subirà, chi ha in mente negoziati al ribasso (“ un po' alla casta e un po' alla plebe”). Gli accordi tra soggetti pubblici e privati hanno come presupposto il primato del progetto pubblico e l' Accordo di programma alla base della disavventura Tuvixeddu è stato pensato e sottoscritto dalla casta per la casta.

Su questo ha ragione Marcello Fois: bisogna non farsi trovare mai equilibristi in quel “punto medio” dove nulla cambia; quel punto è affidabile “per quei pochissimi, che dalla loggia, dalla curia, dal cantiere, dall’accademia locale, hanno fatto man bassa di beni pubblici, posti di lavoro, territorio, incarichi”.

Massimo Zedda mi ha detto di recente che ha in mente di spostare l'ottica e aprire il confronto su Cagliari ai sardi - e non solo ai cagliaritani. Questo progetto contribuirà a rimuoverlo quel “punto medio” e aiuterà la Sardegna a guardarsi oltre ogni localismo, rendendo ogni amministrazione locale più attrezzata e mai subalterna agli interessi di predoni di risorse comuni.

giovedì 26 maggio 2011

Le favole di Esopo e la loro morale











La favola di Esopo consiste nella narrazione agevole e piana di una semplice vicenda, i cui protagonisti sono generalmente animali (leone, cane, volpe, rana, ecc.), ma talvolta anche uomini, per lo più identificati attraverso la loro professione (vasaio, pescatore, pastore, taglialegna, ecc.).Nei brevi quadri, che mostrano grande naturalezza evocativa e profonda conoscenza delle passioni umane, e dove gli animali sono caratterizzati attraverso una tipologia psicologica convenzionale, la favola si conclude secondo i canoni di etica pratica, ma non priva di una sua rilevanza, i cui intenti di ammaestramento furono sottolineati, in età più tarda, da un esplicito enunciato morale, sorto nell'ambito della scuola.

La volpe e l'uva
La volpe e l'uva è una delle più celebri favole attribuite a Esopo. I riferimenti alla favola nel linguaggio comune assumono quasi le caratteristiche del proverbio. "Fare come la volpe con l'uva" significa, metaforicamente, reagire a una sconfitta sostenendo di non aver mai desiderato la vittoria, o disprezzando il premio che si è mancato di ottenere. La reazione dell'animale è considerata una forma esemplare di razionalizzazione in psicologia e di dissonanza cognitiva in psicologia sociale.
Trama
Una volpe, dopo aver sognato di raggiungere un grappolo d'uva, si sveglia accorgendosi che quel grappolo esiste davvero. L'animale affamato tenta con grandi balzi di staccare il grappolo ma ogni sforzo è vano. Constatando di non poterla raggiungere, esclama: "tanto è ancora acerba!" (nel latino di Fedro: «Nondum matura est, nolo acerbam sumere»). La morale è:

È facile disprezzare quello che non si può ottenere.

lunedì 23 maggio 2011

Rappresentare gli indignados


di Giuseppe Civati


Quando, un anno fa, ci siamo messi al lavoro per redigere il Manifesto del partito dei giovani (uso il plurale perché è stato un lavoro collettivo), molti pensavano che intendessimo riferirci alla questione interna al Pd del benedetto ricambio generazionale. Noi dicevamo di no, e tutti a pensare, però, che sotto sotto lo stessimo facendo.

In verità, parlavamo e parliamo di un'urgenza. Di qualcosa di non rinviabile. Di questioni culturali, certo, e di linguaggio. E di codici. Ma soprattutto di politica e di scelte strutturali. Di un cambiamento che è necessario per evitare che il tessuto sociale si spezzi. E che ciò accada tra madri e padri e figlie e figli.

Perché ora la generazione precedente mantiene (la parola non potrebbe essere più adeguata) quella dei ventenni. Ma è un circolo vizioso. Pericoloso e destinato a consegnare il Paese e il sistema economico a una involuzione senza prospettive. Anzi, con un'unica prospettiva sicura: che le cose continueranno a peggiorare, se non si interviene ora, con scelte coraggiose e con il concorso di tutti.

Non so se gli indignados arriveranno anche da noi, seguendo quel percorso di Annibale che dalle coste nordafricane sta portando all'Europa.

Una cosa è certa, come scrivevamo già: sono solo ragazzi, e bisogna prenderli sul serio proprio per questo. Proprio perché sono ragazzi. Proprio perché manifestano un disagio colossale e perché chiedono la cosa più antica del mondo: di essere rappresentati, di avere interlocutori affidabili, di ricevere soluzioni ai propri problemi da parte di una politica che per anni, anche in Italia, ha fatto finta che non ci fossero.

Enea chiama Anchise. Speriamo che Anchise risponda, perché è già molto tardi.

A Cagliari la sfida contro i Golia della politica












di Caterina Pes.

Difficilmente, per chi sta dall’altra parte del mare, è possibile comprendere la straordinaria portata dell’esito elettorale di Cagliari.

I trionfi di Torino, Bologna e i pronostici di Milano e Napoli hanno oscurato in parte quello che per noi democratici sardi è un risultato storico. Il giovane candidato del centrosinistra Massimo Zedda – che nonostante i suoi anni vanta una lunga militanza politica – è riuscito a trascinare al secondo turno, e persino con dei margini di vantaggio, Massimo Fantola, il decotto uomo designato dal centrodestra che lo scrittore Marcello Fois ha definito, in un’espressione quanto mai significativa, “un punto medio attraverso il quale nulla cambia”.

Cagliari invece ha un profondo bisogno di cambiare, governata com’è da potentati locali che ne soffocano qualsiasi prospettiva di sviluppo, immobile di fronte al mare, inconsapevole del suo splendore. Non è un caso che il capoluogo sardo sia la capitale delle tre emme – medici, massoni e mattoni – dove si intrecciano interessi politici, immobiliari, sanitari, dove le mani sulla città sono piuttosto tentacoli che sanno infilarsi ovunque e dove i nomi che girano nella roulette del potere sono sempre gli stessi: caste e famiglie. Una città, per dirne una, dove un autentico tesoro archeologico a cielo aperto, come la necropoli punica di Tuvixeddu, stava per essere inghiottito dal cemento, non fosse stato per l’ostinazione dell’ex governatore Soru.

Non è facile spiegare quanto il malaffare sia diventato l’affare, in questa città. Quanto il diritto sia confuso con il favore. Ed è per questo che il testa a testa fra Zedda e Fantola ha già il sapore di una vittoria, comunque finisca. Perché i cittadini, dal basso, hanno avuto un sussulto di dignità ed hanno deciso di ribellarsi a questo manipolo di faccendieri travestiti da politici che siedono fra i banchi del consiglio comunale. I cittadini hanno saputo lanciare un messaggio forte: voltiamo pagina. Voltiamo pagina, perché la Sardegna sta vivendo una crisi senza precedenti e Cagliari ne è l’estrema propaggine: disoccupazione giovanile al 54 per cento, attività che chiudono, in un effetto domino che sta travolgendo, una dopo l’altra, tutte le categorie produttive. Crisi testimoniata, d’altra parte, dai quotidiani assedi sotto il palazzo della Regione di categorie lavorative o sociali autenticamente disperate.

Al di là della sanguinosa forza di fuoco che gli avversari sapranno mettere in campo per mantenere le mani sulla città, le urne hanno già detto che la loro ora è finita. E che il vero vincitore morale di queste elezioni, con la sua faccia pulita e la sua temerarietà, è Massimo Zedda e con lui tutti i cagliaritani che hanno scelto di rialzare la testa. Il vincitore è anche il Pd, che ha superato il Pdl per numero di voti presi ai seggi e si è speso con forza per questo candidato, nel rispetto dell’esito delle primarie.

Queste elezioni, che in molti altri centri sardi hanno visto trionfare il centrosinistra – in cima a tutti Olbia, quella che Berlusconi voleva rendere la dependance di Villa Certosa – sono un avviso di sfratto per il governo nazionale e regionale, per il presidente della Regione Ugo Cappellacci. Quel Cappellacci che aveva esordito, in campagna elettorale, con lo slogan “La Sardegna torna a sorridere”. La Sardegna, invece, due anni dopo non sorride per niente: dai pastori agli operai, passando per il popolo delle Partite Iva, non c’è alcun sorriso in loro. E la vittoria di queste elezioni è che tutte queste persone, questo popolo arrabbiato, ha tradotto in azione politica il malcontento ed ha saputo distinguere tra i responsabili di questa drammatica situazione e le forze che, al contrario, sono al loro fianco nella battaglia.

Resta da annotare, in questa entusiasmante tornata elettorale, il risultato del quorum sul referendum nucleare – il 60% dei sardi si è recato alle urne ed il 98% per cento di loro si è espresso contro l’atomo – che speriamo sia di buon auspicio per quello nazionale e che ha restituito ai sardi la coscienza del valore della terra che abitano. Nonostante persino il centrodestra abbia tentato di mettere il cappello a questa vittoria, questa coscienza è, per una parte importante, l’esito di una linea politica attenta all’ambiente e al territorio che il centrosinistra sardo ha perseguito strenuamente e che oggi sta dando i suoi frutti..

sabato 21 maggio 2011

Un Libro

23 Maggio,giornata per la sensibilizzazione alla lettura


Un libro è magico come tutti i libri lo sono. Ciascuno a suo modo ha un’anima speciale, piccola, grande, da viaggio o da poltrona, da metrò o da letto matrimoniale, ma sempre un’anima bella fatta di parole, di pensiero, di descrizioni di cose e persone, quindi poetica e viva. Leggere è vivere, magari attraverso gli occhi di un altro, il Signor Autore. In questo modo, si esce per un poco fuori da sé, dimenticando i problemi e gli assilli mondani per calarsi in un altrove sovente straniero e sconosciuto. E questo ‘altrove’ miracolosamente calma e lenisce. Sì, avete letto bene, ma nel vostro cuore di lettori lo avete sempre saputo: il libro guarisce.

Ne sapeva qualcosa il tormentato Vincent Van Gogh, inviato nella triste regione mineraria del Borinage, fra nere colline di terril composte di scarti di carbone, a predicare la parola di Dio alle povere famiglie. Il Nuovo Testamento gli faceva da cuscino e da sostegno per affrontare le miserie di un mondo di poca speranza e l’aiutava a non perdere del tutto la testa. Ma la testa infine la perse per la semplice ragione che la predicazione non era la sua strada, e se ne tornò a casa sconfitto. Intanto però, col carboncino, aveva iniziato a disegnare e aveva imboccato la via dell’arte.

E ne sa qualcosa oggi lo scrittore turco Orhan Pamuk che, nel suo saggio Autore implicito, scrive che la letteratura gli è necessaria come un farmaco, come una medicina da prendere ogni giorno per sopravvivere. Ma la medicina, è ovvio, deve essere buona. «Un brano di romanzo forte, intenso e profondo, mi rende felice più di tante altre cose» scrive Pamuk.

I libri: mi viene spesso da pensare che sono come piccole bombe a tempo. A volte, poderose, ti sconvolgono e cambiano subito il corso della tua vita. A volte invece sono solo petardi corti: un po’ di rumore, e pochi secondi di allegria. Altre volte, sono fuochi d’artificio che non ti aspettavi proprio: ti divertono e lasciano un lieve odore di combusto nell’aria attorno a te, qualche ricordo di effervescenza e un po’ di gioia nel cuore.

Ma con un libro qualcosa succede sempre, anche quando lo acquisti e te ne dimentichi mettendolo via. Prima o poi in casa tua qualcuno lo prenderà in mano, lo aprirà, e…

Vi siete mai chiesti quanti libri può contenere una casa? Tanti. Ne sanno qualcosa i bibliofili che posseggono pareti e pareti foderate di volumi antichi e pregiati, oppure particolarmente ’speciali’ e di grande valore. Il caustico Carlo Dossi se l’era presa con una certa categoria di collezionisti che, a suo dire, acquistavano ma non volgevano pagina alcuna, e li paragonava agli «eunuchi di un harem». La forma di un libro dà sicuramente godimento, ma anche ciò che vi sta scritto conta, più per l’anima che dimora dentro che per il senso estetico. «Un libro deve essere l’ascia adatta al mare ghiacciato che c’è dentro di noi» aveva scritto Franz Kafka.

Un grande collezionista svizzero tiene i suoi pezzi più rari in un caveau con porta blindata e a temperatura monitorata.

Forse questo tipo di collezionismo è eccessivo, ma non mi dispiace. Del resto, chi ama il vino d’annata fa altrettanto, ma un libro offre un sapore tutto suo a una serata e anche se, contrariamente a una bottiglia di vino, non si può condividere subito con gli amici, dura ben di più nella memoria. Comunque, guai a prestarlo! Nella mia biblioteca di casa, un cartoncino reca scritto, a monito d’ogni mio slancio di generosità, la seguente filastrocca: «Triste la sorte / dei libri prestati / spesso perduti / sempre danneggiati».

Al massimo, in caso di vivace entusiasmo, se ne può consigliare l’acquisto, oppure ancor meglio regalarne con molto affetto una copia. Oscar Wilde era però scettico: «Insegnare alla gente a leggere è un compito inutile e insieme arduo, perché capire e apprezzare la letteratura è questione di temperamento e non di insegnamento; non vi sono manuali che insegnino la via per il Parnaso, e non tutto quello che si può insegnare è degno di essere insegnato. Ma spiegare alla gente cosa non leggere è affare ben diverso, e io oso raccomandare questo come una missione».

Oscar Wilde finì in prigione, e si salvò l’anima con i pochi libri avuti a disposizione, scrivendo poi con il cuore esulcerato il suo testo più autentico che è La ballata del carcere di Reading, a riprova del fatto che anche scrivere è altamente terapeutico e deriva perlopiù da un innato talento e da anni di buone letture.

A spiegare alla gente cosa non si doveva leggere contribuì in maniera molto drastica dapprima l’Inquisizione, in seguito Savonarola, e poi anche Hitler, che considerava pericolosi e sovversivi libri su libri, tanto che ne fece allestire grandi roghi nelle piazze di tutta la Germania. Gli autori proibiti venivano ritirati dalla circolazione nelle biblioteche e depennati con inchiostro rosso dai cataloghi.

venerdì 20 maggio 2011

Giubilate il soldato Silvio Lai













Appuntale tutte al petto, segretario, quelle mostrine, ostentale come un navy seal reduce dalla scampagnata di Abbottabad.

Avrai tempo di ringraziare il candidato di SEL tra dieci giorni quando sarà sindaco.

Cagliari, Olbia, Carbonia, Villacidro, Monserrato, Capoterra, Sinnai, Elmas, Pirri.

E tante altre: forse meno vistose ma baluginanti almeno quanto uno specchietto retrovisore che riflette il sol dell’Avvenire.

Sull’ammaccatura nuorese nicchia, tossisci e voltandoti alla tua sinistra dai la colpa a Peppino Pirisi o a Efisio Arbau.

Non a destra che tanto poi Francesca Barracciu spiattella tutto.

Molla la prudenza da role playing perché è vero che il gran bel risultato del Partito Democratico alle amministrative sarde è il frutto di un lavoro di squadra, da dividere in parti più o meno eque tra dirigenti, candidati e attivisti e blablabla, ma non dimenticare mai che prima delle amministrative tutti erano pronti a farti il bucio.

Se te la senti ricordalo ai più bellicosi.

Ricordi? C’era la fila per baloccarsi al gioco del privatizzare le vittorie e socializzare le perdite ma soprattutto fare a pezzi il segretario.

Rammenti? Silviolai è un burattino nelle mani (ieri) di Cabras, Fadda, (oggi) di Soru; silviolai non vince neanche contro questo Cagliari calcio di fine campionato; silviolai ha il nome (e l’altezza) uguale a quello lì; silviolai è più intelligente che bello; silviolai non si fida neanche di silviolai; silviolai non è capace a fare il flashmob e manco a usare facebook; silviolai ha fatto sciogliere i Beatles, fatto suicidare Kurt Cobain e portato alla follia Sid Barrett.

E così via, in un tourbillon di silviolai quotes dove l’accusa meno pesante era quella di non conoscere lo statuto del PD sardo. Come se esistesse, uno statuto del PD sardo.

Non stare li sulla graticola a lasciarti giudicare dall’apparatčik che il loro è un giudizio da Dio vendicativo, non certo da evangelici porgitori dell’altra guancia o da frazionisti di una staffetta.

Dando per certo che da noi l’autorevolezza - tanto millantata da tanti ma posseduta da pochi - è difficile da far risaltare quando si cerca di far conciliare un branco di lupi famelici, è altrettanto plausibile che l’eccesso di misura sia ancora più dannoso perché verrà scambiato per arrendevolezza o timidezza.

Com’è dunque che dicono i commentatori politici fighi?

Dalle urne il segretario del Partito Democratico Sardo ne esce rafforzato e se persino il versatile Veltroni ritira la sua richiesta di verifica al vincente Bersani, figuriamoci quanto ci si possa spaventare, dalle nostre parti, per le promesse di fuoco&fiamme di taluni.

Se poi è verosimile che il PD sardo abbia trovato la formula miracolosa e sconosciuta per vincere le elezioni – ovvero cercare con la forza dell’unità di prendere un voto in più rispetto a un centrodestra inetto, inconcludente e populista – riflettiamo a quanto possa vivere di rendita il nostro segretario.

Sino alle prossime regionali, credo.

O alla prossima ricaduta nell’auto-lesionismo.


Luca Mereu

mercoledì 18 maggio 2011

S'avanza la rivincita di Soru













Dal Blog di Giorgio Melis

Massimo Zedda come piccolo Pisapia cagliaritano? Ma quando mai. Pisapia ovviamente ha segnato il clou della giornata elettorale per l’importanza cruciale, decisiva di Milano nella politica italiana e per Berlusconi: il Cav. vi ha lasciato lo scalpo di veri-finti cappelli rossicci. Il giovane Zedda – elettoralmente e politicamente – su scala isolana ha fatto più e meglio di Pisapia:anche senza possederne la caratura per anagrafe ed esperienza politica. Non ha ancora vinto ma può farcela: ci sono le condizioni. Intanto, il primo turno ribalta clamorosamente, in modo e misura imprevisti, le valutazioni della vigilia. Molto se non quasi tutti erano certi che Massimo Fantola avrebbe fatto un solo boccone del giovane avversario. Avendo con e per sé le sette famiglie dominanti: come le vecchie sette sorelle del petrolio. Ancora con Fantola, i cosiddetti “is de nosus” ma anche il voto popolare ormai squallidamente mercenario di S.Elia da vent’anni. L’enorme grumo di interessi costituiti e consolidati da decenni. L’apporto della massoneria di massa e basso livello di molti suoi alleati. La spallata vescovile, stavolta strapazzata: a differenza del 2009 contro Renato Soru. Anche a Capoterra, dove l’ex assessuora Lucia Baire, la pupilla di monsignor Mani lunghe e ora innocue, è stata doppiata. Senza contare la rendita di posizione di vent’anni di destra a Cagliari, con l’abbraccio fin troppo caloroso di Emilio Floris.
Insomma pareva ed era una replica del Golia contro un Davide a rischio perché il marchio vendoliano poteva sminuirne la forza. E invece, è stato lui a trainare le catatoniche liste di partito. Inclusa quella sua del Sel, per non parlare del debolissimo Pd al 18 per cento e dell’Idv giustamente punito per l’ondivago trend contro le primarie e sul sì al candidato del centrosinistra. Alla fine, è stato Zedda ad autodeterminare gran parte del provvisorio successo. Sul suo nome è confluito oltre il 45 per cento dei voti, il 7 per cento in più della somma delle liste collegate. Incidentalmente, il 6 per cento in più del dato di Gian Mario Selis (39%) nel 2006 contro Emilio Floris.
La spinta al cambiamento anche generazionale, di facce possibilmente non segnate da antiche rughe politiche, ha fatto premio a sinistra sulla presa degli interessi dominanti a destra: anche contro l’informazione a favore di Fantola, che disponeva di mezzi imponenti.
Certo, Zedda ha fruito del trend generale di un berlusconismo avviato al capolinea. Comunque ha sbaragliato al primo turno un’armata che sembrava invincibile: , benché tutto possa ancora accadere. Può anche aver giocato a suo favore la vergognosa catena di tagli di nastro degli ultimi giorni, classiche operazioni di fine regime. Gli spudorati interventi a gamba tesa della squalificata Giunta regionale e di Cappellacci in particolare: è stato promesso a Fantola di tutto e di più, specie finanziamenti che non ci sono (il ridicolo tunnel sotto via Roma) o recuperati dalle opere finanziate di Renato Soru e sabotate. Insomma, il peso mosca Zedda è stato promosso dagli elettori almeno come un buon peso medio, in gran dispetto dei sostenitori palesi e occulti dell’avversario. Perché Fantola a Cagliari è stato immaginato come un simil-Cappellacci alla Regione: con un possibile bis del disastro che va comunque ancora scongiurato. Per crescere ancora di statura, Zedda dovrebbe fare pubblicamente a Fantola una domanda-contestazione. Niente di personale, gli va chiesto (ancora non è stato fatto da nessuno): sarebbe il vero sindaco o il vicesindaco di Sergio Zuncheddu? E non solo perché suo fratello sia il braccio destro dell’editore-palazzinaro.
E’ che Zuncheddu è stato e resta decisivo nel dettare la linea sui punti cruciali da Mauro Pili ad Emilio Floris, ora di Cappellacci e inevitabilmente lo sarebbe o vorrebbe di Massimo Fantola. In più, con la benevolenza od opportunistica sottomissione storica di tanti presunti leader (?) del centrosinistra. Per questo, per distinguersi più e meglio, Zedda dovrebbe sottolineare un quesito spinoso: in caso di elezione, Fantola non sarebbe stato o sarebbe l’ombra di un sindaco col sindaco-ombra Zuncheddu? Alle cui scelte attraverso il suo impero mediatico sono legati molti degli eventi più negativi nella politica isolana, con conseguenze disastrose di cui dovrebbe rispondere di fronte agli e-lettori. Chissà che non accada davvero e magari presto. E’ capitato di scriverglielo e gli va ripetuto: non abbiamo paura, mai avuta per nessuno, figurarsi di lui. La storia non è finita, la vita continua. A essere ridimensionato e disarcionato non sarà solo Berlusconi, anche in Sardegna. E’ tempo di non aver più timori per un sistema informativo scaduto e scadente: per scelte offensive contro i lettori, per il rispetto della verità e della deontologia professionale, la qualità stessa di scrittura piegata a un servaggio umiliante. Non si lasci impressionare il giovane Zedda, se la spunterà al ballottaggio, dalle lusinghe o dagli eventuali siluri preventivi del gruppo Zuncheddu. Si potranno contrastare denunciandoli agli elettori: non subendoli in silenzio, pavidamente, o accettando i condizionamenti come hanno fatto i nomenklati squalificati del centrosinistra. Stesso discorso vale per la mancanza di una maggioranza garantita in Consiglio comunale. Se vincerà al ballottaggio, Zedda troverà in Consiglio tutti i voti necessari, forse anche troppi. Potendo scegliere tra quelli più rispettabili di un centrodestra in decomposizione, a cottura accelerata. Come dimostra il fatto che Massimo Fantola non solo non ha fruito della storica, inerziale deriva a destra di Cagliari ma addirittura ha perso il 14 per cento rispetto al 56 ottenuto da Emilio Floris nel 2006.***
Sono dati che confermano come nell’Isola il voto abbia avuto un segno univoco, limpido, perentorio: anche se bisognerà aspettare il ballottaggio a Cagliari. Il centrodestra è in rotta ovunque: come era accaduto alle scorse provinciali. Quando la stella di Berlusconi non era ancora offuscata ma da noi pesava come un maleficio la sconfitta di Renato Soru e la conseguente disastrosa Giunta Cappellacci: deleteria del suo, ci ha attirato addosso i colpi di maglio del governo più nemico mai visto. Ora il trend nazionale coincide e ingloba lo smottamento del centrodestra in tutta la Sardegna, incluso il demolito superbunker di Olbia. Comincia il conto alla rovescia per Cappellacci, anche se si imbullonerà con i suoi alle poltrone consiliari per scansare urne punitive, da incubo e tregenda per la destra. Nessuno la evoca, ma questa è anche la rivincita di Soru sugli avversari interni ed esterni. Dopo l’assoluzione in Tribunale, è iniziato il suo ritorno come protagonista politico. Il suo nome e la sua ombra si stagliano sui risultati che hanno ribaltato lo scenario politico sardo, anche se non vi era personalmente coinvolto.
L’analisi del voto richiede maggiori certezze sui flussi e le loro caratteristiche. All’ingrosso, la crisi del Pd continua: senza che il crollo della destra lo avvantaggi in modo sensibile. Mentre lo aiutano candidature extrapartito come Zedda a Cagliari e Marta Testa a Iglesias: segno di un declino allarmante di leadership e qualità del personale dirigente del partito. Benché torni a vincere dappertutto, dal Sulcis a Villacidro e in molti altri centri: alcuni rimasti tormentosamente a sinistra, altri smottati a destra e ora in parte tornati all’ovile.
Ma l’altro grande evento della tornata è la disfatta di Settimo Nizzi a Olbia. Dove il massiccio, roccioso, rassicurante Gianni Giovannelli ha smazzolato e umiliato con un distacco enorme l’avversario che credeva di trattarlo come un birillo: prima issato nel ruolo apicale, poi buttato giù con protervia e malriposta tracotanza. Simbolicamente, la caduta d Nizzi è il più negativo segnale per la destra sarda. Nizzi rappresenta il peggior berlusconismo sfrenato e impudente, con un tocco personale di spocchia aggressiva, anche brutale e insopportabile. Si sentiva un berlusconetto, sempre d’assalto. Da sindaco aveva sanato gli abusi della reggia del padrone, che li aveva realizzati assai prima di presentare perfino i progetti. Si è comportato da ras territoriale, facendo e distruggendo, dal consorzio industriale al Comune. Alla fine l’arroganza glie è crollata addosso con le macerie del primato berlusconiano nella ridotta gallurese. Non gli ha portato bene che il Cavaliere abbia dedicato l’unico passaggio elettorale in Sardegna proprio a Olbia, al Nizzi ancora convinto di poter vincere contro tutti mentre proprio la Gallura era ed è fra le più colpite dall’inimicizia globale del governo contro l’intera Sardegna. E’ una lezione esemplare, questa inflitta a Nizzi, che mette di buon’umore. Lascia ben sperare per una ripresa di dibattito politico seria e responsabile anche nella Gallura già azzurrissima. Ora al capolinea nella sua opzione strategica: Nizzi è anche uno degli uomini di punta del Pdl.
La cui crisi si riflette in un incredibile Psdaz che mentre in Consiglio cerca di smarcarsi dal peggio della Giunta, si allea col peggior berlusconismo da Olbia a Iglesias a Cagliari. Uscendone con le ossa rotte e la credibilità ridotta a zero. Ci sono enormi macerie nella politica sarda: nella destra ormai alla frutta come nel centrosinistra ancora alla ricerca di un baricentro da cui ripartire. Ma nell’eclisse non solo politica dei 4 Mori, per quel che hanno rappresentato per i sardi, c’è un di più di squallore e pena.

A Cagliari niente "anatra zoppa":se Zedda vince il ballottaggio avrà il 60% dei seggi











Dal sito di Francesco Sanna


Francesco Sanna ricorda il pronunciamento del Consiglio di Stato e fuga il rischio del sindaco di minoranza in Consiglio comunale
Francesco Sanna (PD Senato). Se a Cagliari al ballottaggio vincesse Zedda, il centrosinistra avrebbe la maggioranza del 60% in Consiglio Comunale. Esclusa “l’anatra zoppa”, lo ha chiarito il Consiglio di Stato.

“E’ importante che gli elettori sappiano: se al ballottaggio vince Massimo Zedda, in Consiglio Comunale il centrosinistra avrà la maggioranza del 60 per cento dei seggi, senza alcun dubbio. Cagliari è città di fenicotteri rosa, non di anatre zoppe”. Lo dichiara Francesco Sanna, componente della Commissione Affari Costituzionali del Senato.

“Il Consiglio di Stato, l’anno scorso, ha chiarito come si interpreta la disposizione del testo unico delle autonomie locali sul premio di maggioranza nelle elezioni comunali in una sentenza molto conosciuta dagli addetti ai lavori. Il premio non scatta se le liste collegate ad un candidato sindaco perdente non superano il 50 per cento dei voti validi ottenuti da tutti i candidati sindaci.” continua Sanna.
“Dai dati che si rilevano in questo momento dal sito del Comune di Cagliari, le liste collegate a Massimo Fantola hanno ottenuto, 45.287 voti: meno della metà dei 93.622 voti ottenuti da tutti i candidati sindaco.

La competizione per un governo pieno ed efficace della Città, con maggioranze in sintonia con il sindaco che vince, è dunque aperta per entrambi i candidati impegnati nel ballottaggio.” conclude Francesco Sanna.

Analisi psicosociale del voto



Dal Blog di Emiliano Deiana









Tutti quelli che a vario titolo, Dirigenti e/o attivisti, si occupano di politica quando vincono le elezioni assomigliano ad amatori dopo un feroce amplesso con la democrazia. Sigarettina e camicia aperta sul villoso petto discettano sulle tecniche e sulle tattiche che hanno portato alla "sborrosissima" vittoria.


Tutti, indeffettibilmente, hanno la ricetta: il Viagra democratico.
Primarie si, primarie no. Primarie gnam!
Porta a porta o Social Network e Community.
Sperimentale copula, nel talamo della desistenza, col Terzo Polo. Ipotesi di mènage a trois.


E' bello per un osservatore psicosociale il giorno dopo le elezioni.
E' bello parlare con gli "artefici" delle vittorie.
E' bello, financo, leggere tutte (e dico tutte) le analisi del voto: dalle più strampalate e roboanti a quelle minimaliste.
E' bello il giorno dopo le elezioni quando quelli a te più affini hanno vinto.
Ed è anche bello consolare quelli, fra gli affini, che hanno lottato e perso.
Ma più bello del bello è sperimentare che c'è ancora un pò di speranza nel mondo, in Italia, in Sardegna.


Una speranza che può avere il volto serafico di Gianni Giovannelli approdato per chissà quale magheggio dalle parti della sinistra, ma che ha consentito di strappare a Berlusconi la città più berlusconiana d'Italia dopo Arzachena. Al primo turno, senza ballottaggio. Ed Olbia, da ieri notte, è già più bella anche se non si sa perchè. O forse lo si sa, perchè lo si è sempre saputo.


Una speranza che può avere il volto affilato e pallido di un vecchio arnese della politica, cresciuto a Frattocchie e tarallucci, come Piero Fassino. Un Fassino che si è messo in gioco, ha affrontato le primarie e ha vinto al Comune di Torino direttamente al primo turno. Un Fassino che, fra Primarie e campagna elettorale, ha perso cinque dei 53 chili del suo peso forma.


Una speranza che ha la faccia da bravo figliolo di Massimo Zedda, uno che ogni volta che lo intervistano ha lo sguardo smarrito di un Gagarin lanciato nello spazio sul Soyouz. Massimo Zedda che ha sconfitto l'evergreen Cabras alle Primarie e poi ha trascinato il miglior prodotto della Cagliari guasta al ballottaggio. Ce la farà!


Una speranza che ha la faccia stranita di Virgilio Merola che sotto le due torri di Bologna ha sconfitto il candidato della Lega e ha assisitito all'esplosione orgasmica del grillismo che ha raggiunto il 9% dei consensi. Che poi uno si chiede, ma Merola non doveva essere candidato a Napoli? Roba di sceneggiata, diciamo...


Una speranza che ha la faccia leguleia, ma piaciona di Luigi De Magistris che a Napoli (lui, non Mario Merola...) ha portato la destra al ballottaggio ed espulso il candidato democraticaticamento prefettizio Morcone dalla partita decisiva. Una faccia che è l'evoluzione di quella dipietresca, ma che alimenta la speranza di pulizia in una città sommersa dai rifiuti. Che il Pd formato Cozzolino non si accordi con Cosentino, mi raccomando! Che San Gennaro vigila...


Una speranza che soprattutto ha la faccia da Lord inglese di Giuliano Pisapia. Un lord che sta al terrorismo esattamente come un direttore d'orchestra sta al Metal. Un tipo che non può essere accusato di giustizialismo perchè è un garantista, e quando Berlusconi non può accusare qualcuno di giustizialismo "ci" mancano gli argomenti. Giuliano Pisapia che, come un consumato tombeur de femmes, ha sedotto l'anima addormentata di Milano, ne ha riscoperto la bellezza. Perchè Milano l'è bela e lo sarà ancor di più quando l'anima nera della città rappresentata da Berlusconi e i suoi accoliti sarà cacciata nelle fogne della storia. Verrà il tempo che ricorderemo tutto questo come una malattia, come si ricordano le operazioni alle tonsille. E il tempo verrà dopo il ballottaggio che la decrepita Moratti, ai milanesi, glieli ha sballottati per bene i cosiddetti, per cinque anni.


Ma la speranza ha anche il volto scanzonato dei giovani sardi che hanno votato per la prima volta per dire di no al nucleare con un Si. Una specie di Si come per un matrimonio con la propria terra, perchè non c'è amore più sublime di quello con la terra che ti genera e ti rispetta. Ma che vuole eguale rispetto ed eguale amore.


E la speranza ha il volto dei vecchi che sono andati a dire Si alla vita e No alla morte. Perchè più si avvicina l'ora della morte e più la si ama la vita. E si fanno queste rivoluzioni gentili per amore dei figli, per amore dei nipoti che li vedi giocare felici, fuori dai seggi, che volano sulle altalene.


Non è questa l'analisi di un fine politologo. E' lo sbrago sentimentale di uno (e di molti) che pensano, nonostante tutto, che la sinistra sia meglio. Perchè alimenta la speranza, perchè scuote ancora quel pò di coscienza che ci è rimasto, perchè nonostante le mille sconfitte ci tiene aggrappati a sè come un naufrago allo scoglio.


Oggi, nonostante gli affaticati amatori elettorali, non me ne frega un tubo delle tattiche e delle tecniche sessuali per arrivare all'amplesso istituzionale.


Mi interessa l'anima e il cuore della nostra gente, quella che si spende, quella che soffre, quella che si candida e ci mette la faccia, quella che scarpina avanti e indietro per città e paesi sospinta da idee e passione.


Per quelli che, nonostante tutto, ci credono ancora.

martedì 17 maggio 2011

I prossimi cinque anni



Ieri dal seggio elettorale di Nureci costituito non solo per l'importante appuntamento del referendum consultivo regionale sul nucleare(a proposito,che fantastico risultato!)ma anche e soprattutto per il rinnovo dell'amministrazione comunale,è uscito un risultato ineccepibile,nella forma e nella sostanza.
I cittadini di Nureci hanno deciso che a guidare il Comune per il prossimo quinquennio sarà ancora il sindaco Fabio Zucca e la sua maggioranza.
L'elemento che voglio sottolineare in questa occasione è il meraviglioso funzionamento della democrazia, declinata anche attraverso il meccanismo collaudato del sistema elettorale relativo all'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio Comunale.
Immaginate nella fattispecie nurecese, due gruppi compresi in altrettante liste che si presentano al giudizio della popolazione con il supporto di un documento politico-programmatico da portare appunto all'attenzione dei cittadini elettori e,questi ultimi,dopo averne preso visione,insieme alla conoscenza dei nomi dei candidati da cui sono composte le liste,decide di accordare il consenso all'una o all'altra.
Ebbene,nel caso in specie,i nurecesi hanno premiato in maniera molto evidente la lista denominata "Impegno Civico per Nureci" che rappresentava la continuità amministrativa.
Ho fatto riferimento al sistema elettorale locale come strumento attraverso il quale il funzionamento della democrazia si evince chiaramente perchè non si ottiene un consenso così bulgaro se non si è in posssesso di un programma serio e realizzabile e se a dare gambe allo stesso non ci sono persone all'altezza,adatte a portarlo avanti.
Certo,in questo caso stiamo parlando di un' Idea-Paese non solo imbastita ma per buona parte realizzata e da cui si possono scorgere ampiamente,e a occhio nudo,le principali cuciture,oltrechè le pieghe più importanti.
La parte del lavoro già confezionata è da un po di tempo in vetrina,si tratta ora di proseguire nella costruzione sia dell'abito che degli accessori.
Non ho alcun dubbio:Nureci è in mani eccellenti,i sarti sono di livello!
Tutti,cittadini residenti,maggioranza e minoranza in Consiglio Comunale,visitatori e quanti(e sono certamente tanti)vogliono bene al nostro paese daranno i rispettivi contributi in questa direzione con un sentimento sincero.
Auguri e buon lavoro a tutti!

giovedì 12 maggio 2011

XXIV Salone Internazionale del Libro

TORINO LINGOTTO 12/16 maggio 2011



PD:moratoria fiscale













Da La Nuova Sardegna del 11 maggio 2011 -
Umberto Aime CAGLIARI.

Se Tremonti fosse davvero amico della Sardegna, ma non lo è, – dice il Pd – sarebbe intervenuto subito per liberare «i sardi dall’emergenza fiscale, scatenata non solo da Equitalia, ma da una crisi economica senza precedenti». Visto che finora lui ha guardato altrove, ecco la scossa. Arriva dal Partito democratico ed è doppia: «Vogliamo scuotere anche la giunta regionale». Che finora dagli amici (presunti) ha ottenuto soltanto promesse. «Mentre noi – propone il Pd – chiediamo una moratoria che liberi la Sardegna dai debiti miliardari col Fisco».

Moratoria che vuol dire prima di tutto congelare le cartelle di Equitalia per almeno un anno: la Sardegna ha bisogno di respirare. Ma sia chiaro, non è un condono: «La lotta all’evasione deve continuare. A difendere i furbi ci pensano già altri», ha detto il segretario Silvio Lai. La salvezza sarà soltanto per chi dimostrerà di aver tradito un dovere civile, pagare le tasse, perché travolto dalla crisi, dalla disperazione e dalla fame, ha sottolineato il deputato Giulio Calvisi. Il Pd si è schierato in forze per presentare quella che è una diga contro l’emergenza sociale, perché questo – ha denunciato il deputato Caterina Pes – è un dramma incontrollabile provocato dagli effetti collaterali della riscossione. È come se dopo un terremoto, si fosse abbattuto uno tsunami, ha detto Mario Bruno, capogruppo in Consiglio, nell’annunciare che «in aula il Pd presenterà una mozione per impegnare la giunta nella vertenza».

Serve una pressione forte, anche se «non chiediamo – ha continuato – stravolgimenti, vanno applicate leggi che esistono».

A cominciare dal decreto nazionale del 1973, ha detto Francesca Barracciu, che «in caso di crisi straordinaria, la Sardegna lo è dappertutto, ammette la sospensione dei debiti con l’Agenzia delle Entate, l’Inps e i Comuni. Questo deve sollecitare la Regione al governo». Che vuol dire allo stesso tempo: bloccare l’escalation degli interessi, già al massimo, e anche le micidiali ganasce fiscali su auto e mezzi di lavoro, oppure sospendere la messa all’asta della prima casa. Con la stessa moratoria che dovrebbe permettere ai debitori anche la rateizzazione del debito fino a un massimo di 120 mesi (ora sono 72) per arrivare alla soluzione auspicata: soltanto il pagamento dell’importo iniziale evaso, cioè ripulito dalle attuali maxi sanzioni.
Subito dopo – nella proposta del Pd – c’è la richiesta di blocco degli studi di settore, sono un altro incubo, o comunque – come ha detto il senatore Francesco Sanna – è indispensabile che «siano adeguati allo stato comatoso dell’economia in Sardegna». Infine, ha aggiunto il deputato Amalia Schirru vanno potenziati i consorzi fidi per le imprese in difficoltà e deve essere possibile l’immediata compensazione fra debiti e crediti nei confronti della pubblica amministrazione. «È un pacchetto d’interventi agile e immediato. Serve la volontà politica ed è questa che vogliamo ottenere. Adesso»

martedì 10 maggio 2011

Impegno Civico per Nureci














Penso che il sentimento di cittadinanza che ciascuno possiede sia direttamente proporzionale al senso di appartenenza alla propria comunità, che si riesce a sua volta a sentire sulla base di una reale e quindi obiettiva condivisione di valori essenziali quali appunto lo spirito comunitario,inteso come partecipazione attiva e costante alla vita della polis;la capacità,esplicata anche con un giusto ed equilibrato metro di giudizio,di interpretare le positive dinamiche economiche,sociali,culturali e umane che alimentano la vita del luogo in cui si vive come frutto di un serio impegno civile.
Per questo faccio parte della lista "Impegno civico per Nureci" nelle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio.

Candidato a Sindaco Fabio Zucca

Candidati a Consigliere

Sandrino Concas
Nicoletta Marongiu
Tiziano Carcangiu
Marco Tatti
Stefano Zucca
Felice Tatti
Sonia Porru
Stefano Medda
Anna Rita Cau
Ignazio Sedda
Vincenza Carla Imbesi
Gemiliano Tetti

Il regime delle panzane













Siamo totalmente immersi in un tempo contraddistinto dalla mancanza di memoria. Il regime delle panzane, delle bugie e delle barzellette ha cancellato il senso della memoria e con esso la verità dei fatti, la realtà degli antefatti che hanno costruito la nostra esperienza di vita, di lavoro, di sofferenza e di speranza.

Le bugie cancellano la verità e l’abitudine alla superficialità sta consumando la naturale attitudine a sperare che le cose cambino, che il destino di oggi sia la transizione per una condizione diversa del domani.

Berlusconi ha inculcato un modello culturale da regime delle panzane e tutti i suoi seguaci hanno costruito anche attraverso un’obbligata dissociazione mentale, la stessa prospettiva di comportamenti e di parole.

Guardate Cappellacci, ultimo governatore d’Italia in tutte le classifiche di gradimento, sembra l’icona della smemoratezza fatta diventare strategia quotidiana dell’inganno, delle bugie e dell’inconcludenza.

Si fa vedere spesso di questi tempi per la Sardegna a inseguire una pubblica ostilità al nucleare, a blandire una bandiera contro ogni colonizzazione energetica della nostra terra. Eppure non molti mesi fa ha rifiutato di impugnare, in nome dei Sardi, le norme che prevedevano la localizzazione e l’installazione di centrali nucleari così come molti suoi colleghi Presidenti di Regione hanno fatto. Ora, smemorato di quel rifiuto, fatto maturare di fronte al Parlamento dei Sardi, si fa riprendere con un prato verde sul fondo offendendo ancora una volta la verità dei fatti che l’ha visto protagonista dell’approvazione del peggior Piano casa fra tutte le regioni d’Italia. Altro che prato verde!

Sarà la classica conversione energetica sulla via di Damasco? Oppure questa nuova sponsorizzazione ha qualche cosa a che fare con la sua indomita inclinazione alle energie alternative e alle lobby che con lui trattavano per colonizzare la Sardegna in un altro modo? Domande legittime su fatti incontrovertibili. Infatti, è recente la presentazione di un nuovo disegno di legge della Giunta regionale nel quale si ritrovano, reiterate le stesse strategie che hanno visto il nostro Governatore protagonista di frequentazioni piduiste e affaristiche che hanno segnato non poco il profilo etico di questa esperienza di legislatura. In questo nuovo provvedimento il solito blocco delle autorizzazioni su eolico e fotovoltaico, intese e pateracchi di dubbia trasparenza.

Sui trasporti marittimi la stessa storia di bugie, propaganda e populismo. Affitta quattro traghetti dal 15 maggio al 15 settembre per la stagione turistica e finanzia con due milioni di euro un bonus per favorire i turisti che verranno in Sardegna. Ai poveri sardi residenti chi dovrebbe garantire il diritto di mobilità e di cittadinanza? Quando le vacanze saranno finite chi baderà a tutelare il diritto dei sardi a spostarsi e a non essere prigionieri dei cartelli imprenditoriali degli armatori? Ma i cartelli di armatori che si formano per tenere prigionieri i sardi non sono altro che il risultato della lotta per la conquista della Tirrenia, in questo momento in fase di trattativa privata con uno Stato che non sembra si sia accorto che questi signori hanno acquisito e, di fatto, esercitano un abuso di posizione dominante. Allo smemorato Cappellacci bisogna ricordare che le cose non stavano in questi termini e che nel 2006, irrisi da tutti, Soru e la sua Giunta avevano chiesto al Governo di trasferire alla Regione la Tirrenia perché fosse la Sardegna a gestire un processo di privatizzazione che non poteva intaccare il diritto dei sardi ad una piena cittadinanza statuale.

Senza memoria e senza dignità. Infatti, per seminare la cultura dell’inganno, delle panzane e delle promesse populiste serve proprio elidere la memoria dai cervelli degli uomini, trattarli come dei deficienti ai quali si possa propinare di tutto e di più in un rincorrersi quotidiano di propaganda per la sopravvivenza politica e di populismo paralizzante delle coscienze.

Cappellacci sembra rispondere perfettamente a questo canovaccio e dunque non lo si vede mai nelle aule della rappresentanza del popolo sardo al punto che sembra aver scambiato il Consiglio Regionale per un luogo per appuntamenti occasionali e protetti. Ovviamente, protetti da un apparato consistente di telecamere e giornalisti al seguito per immortalare e usare al meglio il virus del populismo e instillare a tutta forza ai sardi la necessaria e ulteriore perdita di memoria.

Il suo maestro Primo Ministro docet, e confidando nell’illimitata capacità degli Olbiesi e dei sardi più in generale a farsi abbindolare dalle sue conversazioni deliranti e spudoratamente mai suffragate da uno straccio di documento ufficiale, Berlusconi non è mancato all’appuntamento per l’esaltazione del suo candidato a sindaco di Olbia, propinando una serie interminabile di falsità e di promesse: la Sassari Olbia, la Olbia Palau, la continuità territoriale. Tutto a posto ci penserà lui. Ma poi anche una minaccia che speriamo non realizzi: farò Pili sottosegretario. Un copione perfetto e ben riuscito come sempre, merito della collaudata e spavalda macchina dei falsari del Popolo delle Libertà.

A dire il vero che la Sardegna rappresenti ogni giorno di più il simbolo nazionale di una terra oggetto di pirateria non sembra discuterlo più nessuno. Sono infiniti oramai i fatti e le panzane che hanno designato questo primato assoluto (fondi Fas, La Maddalena, G8, Entrate tributarie, SS-Olbia, Nucleare, Eurallumina etc). Una sola piccola domanda che mi assilla anche sullo stretto piano statistico: è possibile che al Geovillage si siano potuti addensare spontaneamente e senza incentivi tremila smemorati naturali?



Gian Valerio Sanna

martedì 3 maggio 2011

Facebook:cosa gli diamo?Il prezzo nascosto dei social network

Piero Troiano









E’ inutile negarlo: i social network sono l’unica area del web che gli utenti a qualsiasi livello, almeno una volta nella loro carriera di web-surfer hanno visitato.
La piacevole sensazione di accedere ad una “rete sociale” in cui con estrema libertà è possibile scambiare opinioni, mostrare aspetti della propria personalità, condividere foto, filmati, scritti, dire la propria con un semplice click, invoglia chiunque a “fare il passo”.
Se a questo aggiungiamo la possibilità data di rintracciare e contattare con estrema facilità persone che magari non vediamo da anni, il gioco è fatto…
Ed eccoci allora a pagare a cuor leggero il “piccolo” prezzo che viene richiesto per accedere ad un qualsiasi social network che si rispetti: affidare cioè ad emeriti sconosciuti, come minimo i propri dati anagrafici seguiti poi, se il caso lo richiede, dalle proprie tendenze culturali, gli orientamenti di genere, magari anche il proprio credo religioso o l’orientamento politico…
Certo “poca cosa” se paragonato al “vantaggio” di entrare finalmente a far parte di questo “mondo” così trendy, così di moda….
Nella società di oggi, non avere un account su Facebook o Netlog è sintomo di arretratezza: il livello culturale di una persona, la capacità di rapporto, pare vengano troppo spesso stimati solo in funzione del “numero di amici” collezionati sui forum (mi fa riflettere il recente caso della donna suicidatasi in totale solitudine dopo aver preannunciato la sera precedente, l’intento di consumare l’insano gesto ai suoi oltre mille “amici” di facebook ).
Analizziamo insieme alcuni aspetti che spesso non vengono valutati dagli ignari ed entusiasti utenti delle reti sociali, prendendo ad esempio facebook, il social network oggi più noto.
All’atto dell’iscrizione i gestori sottopongono all’approvazione dell’aspirante utente i termini di fornitura del servizio, condensati in una “Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità” (notate con che carattere minuscolo è scritta?) che recepisce e precisa ulteriormente i “Principi di Facebook” .
L’accettazione dei termini è condizione vincolante per l’iscrizione al forum.
Diamo un’occhiata più attenta a quanto tra le altre cose, ci impone il documento:


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3. Quando si usa un'applicazione, i contenuti e le informazioni vengono messi in condivisione con l'applicazione. Le applicazioni devono rispettare la privacy dell'utente, ed è l'accordo accettato al momento dell'aggiunta dell'applicazione che controlla il modo in cui l'applicazione può utilizzare, archiviare e trasferire i contenuti e le informazioni (ulteriori informazioni sulla Piattaforma sono disponibili nella nostra Normativa sulla privacy e nella pagina Informazioni sulla Piattaforma).
4. Quando l'utente pubblica contenuti o informazioni usando l'impostazione "tutti", concede a tutti, anche alle persone che non sono iscritte a Facebook, di accedere e usare tali informazioni e di associarle al suo profilo (ovvero al suo nome e alla sua immagine).
5. I commenti o i suggerimenti degli utenti relativi a Facebook sono sempre benvenuti. Tuttavia, l'utente deve essere al corrente del fatto che potremmo usarli senza alcun obbligo di compenso nei suoi confronti (allo stesso modo in cui l'utente non è obbligato a fornirli).


Mi pare lecito “tradurre” in tal senso:
1. Qualsiasi contenuto, una volta “postato” può essere utilizzato da Facebook e quindi dai suoi iscritti, a proprio piacimento, senza alcun onere nei confronti del produttore del contenuto medesimo (attenti con le poesie, le foto, i filmati ecc…!). L’eliminazione dal sito dei contenuti da parte dell’autore non fornisce alcuna garanzia che gli stessi non siano stati già scaricati da altri utenti che potrebbero averli “ripostati” in altre aree del network, rendendone quindi vana la cancellazione.
2. L’eliminazione di un contenuto dall’intera area visibile di Facebook (da parte quindi sia dell’autore che da altri eventuali utenti che lo avessero “ripostato”), non lo elimina fisicamente dai server del forum, ed in tale caso, comunque, i gestori del forum possono disporne a proprio piacimento, fino alla definitiva cancellazione… E se questa non dovesse avvenire?
3. Alcune “applicazioni” disponibili per gli utenti del forum, possono utilizzare i dati forniti secondo modalità poco comprensibili per l’iscritto, che può trovarsi nella condizione di non sapere i contenuti forniti di fatto “che fine fanno” e chi può effettivamente prenderne visione… Di questa categoria fanno parte gli “aggregatori”: sofisticati software in grado di raccogliere i dati forniti dagli ignari utenti che esprimendo opinioni, partecipando a sondaggi, forniscono precise indicazioni sulle loro preferenze, tendenze, opinioni ecc… Capite che da qui alla “schedatura” di lontana memoria il passo è breve…
Passiamo ora all’aspetto della sicurezza. Quanto riportato nel documento su questo argomento mi ha quasi strappato un sorriso di tenerezza. Mi chiedo: possibile tanta ingenuità? Leggiamo:


• Sicurezza
Ci impegniamo al massimo per fare in modo che Facebook sia un sito sicuro, ma non possiamo garantirlo. Abbiamo bisogno che gli utenti contribuiscano con noi nei seguenti modi:
1. Non inviare o pubblicare in altro modo comunicazioni commerciali non autorizzate (ad esempio spam) ad altri utenti su Facebook.
2. Non raccogliere contenuti o informazioni degli utenti, né accedere in altro modo a Facebook, usando strumenti automatizzati (come bot di raccolta, robot, spider o scraper) senza la nostra autorizzazione.
3. Non intraprendere azioni di marketing multi-livello illegali, ad esempio schemi piramidali, su Facebook.
4. Non caricare virus o altri codici dannosi.
5. Non cercare di ottenere informazioni di accesso o accedere ad account di altri utenti.
6. Non denigrare, intimidire o molestare altri utenti.
7. Non pubblicare contenuti: minatori, pornografici, con incitazioni all'odio, con immagini o grafica di nudo o con violenza gratuita.
8. Non sviluppare o utilizzare applicazioni di terzi che contengano contenuti correlati all'alcol o comunque rivolti ad un pubblico adulto (comprese le pubblicità) senza le dovute restrizioni di età.
9. Non bandire gare, offerte o concorsi a premi ("promozioni") su Facebook senza il nostro consenso scritto. In caso di autorizzazione da parte nostra, l'utente è pienamente responsabile della promozione e si atterrà alle nostre Linee guida sulle promozioni e a tutte le leggi applicabili.
10. Non usare Facebook per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori.
11. Non intraprendere azioni che possano impedire, sovraccaricare o compromettere il corretto funzionamento di Facebook, ad esempio con un attacco di negazione del servizio.


Capite dunque? Sono gli utenti che debbono “contribuire” in quanto esclusivi responsabili di quanto sul forum avviene! E come dire “per favore rapinatori, andate a rapinare altrove” oppure “pedofili per cortesia girate al largo".
Tant’è che sui giornali non è raro leggere articoli come questo:
07.01.11 “Hallo Kitty” è una rivista per ragazzine adolescenti, per non dire bamine. Esce in edicola dal 2008, con servizi, consigli e curiosità sulla moda, le celebrità, la musica, lo shopping, la bellezza. Insegna alle bambine i primi rudimenti del make-up, come truccarsi (naturalmente con una linea di prodotti Hallo Kitty), ed offre loro anche consigli per i primi palpiti del cuore per i compagni di classe. Con il marchio “Hallo Kitty” vengono prodotti anche accessori e linee di abbigliamento. Insomma una rivista che fa tendenza, di cui le ragazzine si fidano, ed alla quale spesso si ispirano per il loro look e per i loro sogni. Sogni che un milanese di 28 anni ha sfruttato ed infranto fingendosi proprio un fotografo di moda, incaricato di compiere un casting per trovare giovanissime modelle per una linea di costumi da bagno firmata “Hallo Kitty”. Il tutto tramite Facebook.
Per non parlare poi dell’uso meno drammatico ma altrettanto insidioso che si può fare dei dati raccolti su un involontario campione così ampio di umanità…
Recente è l’articolo “Facebook: utenti-cavie per la pubblicità” apparso sul Wall Street Journal, un'inchiesta che metterebbe nuovamente in crisi il sistema di sicurezza di Facebook. Buona parte dei suoi attuali 500 milioni di utenti sarebbe infatti a rischio, apparentemente sacrificata agli oscuri signori dell'advertising; l'ennesimo buco tra le maglie della privacy garantita (o meno) dal sito in blu ha coinvolto in particolare tutti quei consumatori di applicazioni come FarmVille.
Vi segnalo infine un articolo molto 'acuto': “L'autarchia di Facebook un perfetto sistema autoritario on line”. Alcune affermazioni potrebbero sembrare esagerate ma serve comunque come prezioso spunto di riflessione.
Piero Troiano

Alla ricerca dell'alba(sull'incontro di Zedda e Bersani a Cagliari)


Giampaolo Cassita.

Occhiali che si incontrano e piccoli sorrisi. Barbe, pochi baffi, qualche cravatta rigorosamente blu, jeans che vacillando tra la falsa bancarella e l’ostentazione di una J tutta d’argento. Camicie quadrettate di morettiana memoria che Nanni non usa più (adesso gira le televisioni in blu e cravatta rossa, per dire) e libri. Si vendono (solo la biografia di Bersani che non è quella di Stalin, Mao, Marx o Berlnguer) e qualcuno passa con un invito ad una manifestazione per la presentazione di un libro su Antonio Gramsci.
La sinistra. Quello strano orizzonte che ha capito dove dovrebbe sorgere l’alba e si sta organizzando. Magari, con garbo riusciremo a vederla un giorno. Per ora la puntualità le fa perdere il treno. Sarà un mio vezzo, ma essere puntuali è il primo sintomo di serietà. L’incontro con Massimo Zedda e il segretario del PD PierLuigi Bersani è fissato per le ore 18 presso l’hotel mediterraneo. Ho un appuntamento e, per correttezza, scrivo sulla bacheca dell’evento che forse farò tardi ma spero di esserci. Arrivo alle 17.58 con scarpe non adatte alla camminata veloce, ma ho promesso e ci tengo. Invece dovrò attendere, dovremo attendere, tutti, sino alle 19.30 quando varcano la soglia sostenuti da un tiepido applauso, i due attori principali che, con Silvio Lai, guadagnano un tavolo gonfio di gente e di umori. La gente, nell’attesa lunghissima si scodella dentro un chiacchiericcio lento, da salotto di inizio secolo e c’è la bionda ossigenata e di sinistra che ostenta sicurezza convinta come nessuno che questa è la volta giusta; il signore comodamente impegnato in una conversazione con il suo blackbarry che dice che rispetto a Senis è tutto un’altra cosa e che sente che questa volta, insomma, meglio non azzardare. Poi, la parola ai protagonisti e Silvio Lai che poteva, davvero, dire molte cose (non dico di sinistra, epperò….) urla, quasi a squarciagola “Stiamo mettendo paura al centrodestra, perché stanno arrivando tutti i conti e le promesse non mantenute da Berlusconi.” Sarà, ma sento un’aria tiepida e i cuori non si scaldano e io, lentamente comincio a disperarmi. Ci sarà pure un cuore che batte da queste parti. Parla Luisella Ghiani, candidata come consigliera a Pirri e scherza sulla sua altezza fisica – sono diversamente alta – ma non è tempo di battute e le parole sono stantie e decisamente basse. Poi, come un cilindro dal cappello ecco Giacomo Mameli e ho un piccolo sussulto. Conosco l’uomo e conosco come scrive. Benissimo. Da applausi. Conosco anche quando parla. Da sconfitta sicura. Infatti non delude. Al di la di una bella frase sulla notizia cementizia riferita alla Sardegna l’intervento è un inno alla rottamazione totale: nel senso che era meglio lasciar perdere. Il dibattito no, insomma.


Aspetto con lievi timori il buon Massimo Zedda che arriva, giovane e vigoroso e apre subito con “amiche compagne, amici compagni.” Anche questo lo sento un tantino ruffiano ma tant’è, i compagni, da soli, non sono cosa da PD. Inizia con una frase ad effetto che, sinceramente stento a digerire: “Nei prossimi cinque anni ci impegniamo a riaprire le fabbriche che Berlusconi ha chiuso”. Ora, davvero, mi sembra un impegno da “campagna elettorale” e, per certi versi ci può stare. Quello che stona è che lo dice ad un pubblico che è sicuramente convinto di votare Zedda e, sicuramente non è interessato all’apertura delle fabbriche. Oddio, sul principio si, ci mancherebbe altro, ma quella frase mi rivela un’altra verità: non ci sono (almeno non nella iconografia classica) operai, sindacalisti, bandiere rosse, niente e la parola fabbrica sembra un ricordo quasi lontano, cementificato, dentro questa sala, per dirla con Mameli.

Zedda poi saluta il compagno Bersani (per fortuna che non dice compagno-amico…) e il Presidente Soru. Ovazione assicurata e standing ovation per un uomo che ha fatto solo il suo dovere: si è fatto processare. La normalità in questo paese diventa un fatto eccezionale. Son contento per Soru, per il suo testardo orgoglio, per quel suo essere serioso e scontroso, per quel suo essere docilmente silenzioso. Di un silenzio dirompente. Ma non tifo sulla giustizia. Non è una partita di calcio. E approvo moltissimo la sobrietà del Presidente.

Noi, in fondo siamo diversi da loro. Lo dice Zedda e lo dirà Bersani. Certo, come Michele Apicella/Moretti in “Palombella rossa”: “Noi siamo diversi, ma siamo uguali agli altri partiti”.

Bersani ammicca, gioca di fioretto, parla a braccio, gioca con le contraddizioni della lega, parla di autonomia, incita alla vittoria. Ce la faremo perché noi arriviamo da lontano. Applausi ma non lunghissimi.

Non sono un grande cronista e non sono, soprattutto, un buon politico. Osservo le cose, come si muovono gli attimi e gli sguardi, quanto pesa il sospiro di chi mi è accanto. Voterò Zedda affinchè quel sospiro diventi un sorriso vero, ma dovremmo imparare a smetterla con frasi ad effetto: Fantola un riformatore che non ha mai riformato nulla (urlato da Zedda due volte) i turisti a Cagliari erano attori senza regista, il 6 maggio sciopereremo con la CGIL (poteva dire forse che non avremmo scioperato? Sarebbe stata una notizia…) non siamo nemici degli imprenditori ma non faremo entrare mai in comune Flavio Carboni. Lo sapevamo Massimo (Zedda ovviamente) lo sapevamo ed eravamo profondamente convinti (e lo siamo ancora) che se tu diventassi sindaco avresti orizzonti diversi da Fantola. Speriamo lo capisca non quella folla dell’Hotel Mediterraneo ma gli altri, quella società che invece voterà Fantola perché è costretta, illusa, convinta che uno vale l’altro. Non siamo tutti uguali. Vero, verissimo ed è vero, caro Bersani che, come dici tu, siamo descritti come delle squadre scombinate, come una moltitudine (effettivamente una visione troppo biblica…) difficile da aggregare, ma che arriva il momento per ritrovare fiducia, forza, allegria e convinzione. Vero. Verissimo. Ma, in conclusione, compagno Bersani, in conclusione ti costava troppo dire che dentro quella grande eterogeneità comanda la passione? Ditelo, per cortesia, che abbiamo vene forti e che fanno rumore, che il calore è legato alla voglia di cambiare, che ci innamoriamo di tutto (De Andrè docet) e che gli italiani devono conoscere la verità e qualcuno, come ricordava Pasolini, la dovrà pur raccontare. Proviamoci allora e proviamo, soprattutto, a vincere una buona volta. Semplicemente. Basta poco, a volte.