sabato 30 aprile 2011

La devozione popolare e la sfida per la modernità





Ezio Mauro


L'ultimo atto del lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II è in qualche modo il compimento del primo,la consegna di tutto se stesso-persona e pontefice-al trascendente con l'affidamento senza riserve del motto Totus tuus.
In questa ricerca e consapevolezza della beatificazione si intrecciano tutti gli elementi costitutivi della personalità e del carisma di Karol Wojtyla.La religiosità polacca,fortemente popolare e intrisa di simboli,attenta a preservare il carattere originario della fede,difendendola anche e soprattutto dalla modernità;l'universalità di questa fede nello stesso tempo primitiva e oltremodo autentica,capace secondo il Papa di diventare uno strumento non solo di conversione ma di contraddizione nella vicenda contemporanea,suscitando ugualmente scandalo nelle due parti del mondo in cui Wojtyla ha giocato la sua testimonianza più forte,l'Est e l'Ovest europei.Infine,la coscienza quasi superba di poter vivere come soggetto della volontà divina che si fa carne e cambia così il corso delle vicende umane,deviando la storia e ricomponendo la geografia del continente.
E'il "Papa vestito di bianco" e "insanguinato" che nelle ore dell'attentato ripercorre il paesaggio visionario di Fatima,facendosi strumento del sacrificio per la redenzione delle Russie:giungendo a incastonare come una reliquia contemporanea il proiettile di Alì Agca dentro la corona della Madonna di Fatima,piegando la curva della profezia fino a farla coincidere con la biografia vivente e sofferente di Karol Wojtyla,in questo modo quasi materialmente canonizzato in vita.
In realtà,al di là dei riti e delle beatificazioni solenni che parlano a chi crede,Giovanni Paolo II ha già un posto di primo piano nella storia,perchè la sua morte aveva chiuso simbolicamente il Novecento,dopo che la sua chiamata al soglio di Pietro aveva contribuito a riaprirlo:sfondando il muro ideologico in cui il comunismo sovietico aveva rinchiuso un intero secolo e la metà di un continente,tenendo così in scacco l'equilibrio del mondo.A Occidente ma soprattutto a Oriente sembrò un segno dell'impossibile,un rovesciamento simbolico quel suddito dell'impero sovietico che veniva innalzato su un altare universale,rivestito a Roma di paramenti sacri dopo essere stato perseguitato a Cracovia.Una sorta di ribellione che rendeva plausibile l'impensabile,in un mondo che era stato costruito col ferro e col fuoco per durare per sempre,immobile.
"Senza quel Papa venuto dall'Est e cresciuto sotto il comunismo-avrebbe riconosciuto a cose fatte Mikhail Gorbaciov,l'ultimo Segretario Generale del Pcus-nulla di ciò che è avvenuto in Europa sarebbe stato possibile,fino alla caduta del Muro".Di questo Wojtyla era consapevole,quando pregava in San Pietro per la conversione dell'Europa comunista.Vedeva nella presenza contemporanea di Gorbaciov al Cremlino un segno della provvidenza:"Nulla sarebbe stato possibile-rispose-senza quel Segretario Generale".E questa specialissima "natura" geo-religiosa del suo regno,questo incrocio provvidenziale di contingenze,sembrava avergli affidato il compito di muoversi dentro la storia del secolo per recuperare la frattura europea:ma poteva anche costringere ed esaurire qui la missione del pontificato.
Proprio la natura a-occidentale di Wojtyla,che restò tale anche dopo la caduta del comunismo perchè non poteva cambiare,proprio il suo vivere da un "altrove" gli aprirono invece la possibilità di andare oltre e di muoversi sull'asse Nord-Sud del mondo,non solo sulla frontiera tra Est e Ovest.In questo senso,portò fino in fondo(anche con le sue chiusure morali e culturali)l'alterità del "Papa straniero",poco attento alle vicende italiane,convinto davvero di dover svolgere una missione universale,e di poterlo fare.
Alla fine,la sofferenza del corpo esposta nella sua decadenza e nella tenacia della fedeltà,ha lo stesso segno di una biografia coscientemente offerta al disegno divino,fino al "Totus tuus" finale.Anche qui una fortissima contraddizione con i pudori e i veli ipocriti della modernità,la testimonianza di un'agonia consapevole come abbandono alla volontà trascendente,in una dimensione totale e primitiva(originaria)del cristianesimo:che suonava quasi a scandalo nell'Italia secolarizzata.
Tutto questo spiega la devozione popolare che porta milioni di fedeli a Roma per la beatificazione.E costringe la Chiesa a fare i conti con questo riemergere improvviso di un sentimento popolare del sacro,nello stesso momento in cui in realtà dovrebbe fare i conti con la modernità,rimandati troppo a lungo proprio dal Papa più amato,Karol Wojtyla.

giovedì 28 aprile 2011

Partecipiamo numerosi!


Ales,sabato 30 Aprile 2011-Sala Convegni del Comune,ore 18,00
Manifestazione del Partito Democratico contro il nucleare e per le energie pulite.

Verso il Partito Democratico Sardo.

Dal blog di Gianni Sanna riporto una sua breve nota sulla direzione regionale del Pd del 26 u.s. e la relazione integrale del segretario regionale Silvio Lai sul percorso che ci porterà al Partito Democratico Sardo,con alcune note organizzative anche per i segretari di circolo relative alla mobilitazione sul referendum contro il nucleare e sul tesseramento 2011.







Direzione Regionale Pd.Silvio Lai:l'ambizione di parlare alla Sardegna.

Gianni Sanna.

I presupposti ci sono tutti. Ora si tratta di passare dalle parole ai fatti. Silvio Lai ci prova ad avviare il processo che porterà al Partito Democratico della Sardegna. La sua relazione, che riporto in calce a questa annotazione, contiene una road map: tempi stretti ed un percorso certamente impegnativo. Su quell’obiettivo, il partito sardo, “si sono infatti misurati negli ultimi venti anni parte dei gruppi dirigenti ” dei partiti di provenienza senza riuscire mai a centrarlo. Oggi è possibile. L’ambizione e’ assai condivisa dai quadri. Francesco Licheri ed Antonello Cabras con due contributi assai apprezzabili approfondiscono il percorso verso quel traguardo. Ma tutti gli interventi sono sulla stessa linea.

Nella riunione è stata comunicata anche la Segreteria Regionale, la Segreteria dell’unità. Quell’ “unità per ripartire”, interpretata in vari modi da protagonisti ed osservatori durante e dopo l’Assemblea del 26 Marzo. Paolo Fadda decide di fare la minoranza, ma il suo sembra un’atteggiamento informato comunque ad un grande senso di responsabilità. Il rischio di una “prigione dorata” per Silvio Lai non è ovviamente scongiurato e forse rimarrà latente sino alla fine. Non mi stancherò di ripetere che molto dipenderà da lui. Dalla sua capacità di condividere senza farsi imbrigliare. Dalla tenacia con cui perseguirà l’ambizione del Pd di parlare alla Sardegna e non più a se stesso. Tra i suoi collaboratori ci sono peraltro le risorse perchè tutto ciò sia possibile.

Stasera ho avuto la sensazione che Silvio ne sia abbastanza consapevole. E la consapevolezza – si sa – aiuta la determinazione.



La relazione di Silvio Lai alla Direzione Regionale del 26 Aprile 2011




1. La direzione è convocata oggi per discutere innanzitutto dell’ordine del giorno dell’ultima assemblea regionale e della sua applicazione.



2. Tra di noi ci sono voci dissonanti riguardo a quella decisione perché le amministrative da una parte e l’aggravarsi della crisi industriale richiamavano un’altra agenda. Tuttavia, lo dico con convinzione, come l’ho detto nelle conclusioni del 26: ci stiamo dando un compito che non è sostitutivo del lavoro ordinario.

Al contrario, abbiamo assunto un impegno sul quale si sono misurati negli ultimi venti anni parte dei gruppi dirigenti che ci hanno preceduto. Un impegno straordinario e parallelo che dobbiamo accompagnare alla azione di opposizione in consiglio regionale, di costruzione e rafforzamento del partito, e soprattutto di sfida alle amministrative.



3. Ci siamo dati impegni e date molto precise per realizzare questo processo, questo percorso che si basa sull’applicazione dell’articolo 13 dello statuto del Partito Democratico.

Il primo impegno è la celebrazione dell’assemblea programmatica entro il mese di luglio.

Nel dibattito ci siamo detti che era opportuno ripartire dal progetto della legislatura passata correggendo, modificando e adeguando alle sfide di questa crisi e del futuro che si sta prospettando, le proposte che abbiamo fatto ai sardi.

La proposta è di ripartire da alcuni punti che sono le coordinate base di un progetto di governo come viene dalle nostre esperienza di centrosinistra e di raccogliere le nuove sfide del federalismo, dal ruolo della Sardegna nel Mediterraneo e in Europa e poi da un tema sul quale ho chiesto un contributo speciale che è quello della forma partito più dinamica che raccolga e incontri la forma nuova della società sarda.

Identità e cultura, Ambiente e territorio, sistemi produttivi e politiche del lavoro, infrastrutture e reti di servizio. diritti e coesione sociale, federalismo, autogoverno e riforma istituzioni, forma partito e forma della società e infine la Sardegna tra il Mediterraneo e la vocazione europea.

Nove gruppi di lavoro che devono lavorare da subito per predisporre delle tesi per l’assemblea regionale immediatamente dopo le amministrative, la prima settimana di giugno e in quella sede convocare l’assemblea programmatica di luglio.



4. Dalla discussione in assemblea deve partire un confronto che coinvolga circoli e territori, con tappe precise di approfondimento pubblico per concludere con la celebrazione di una assemblea programmatica aperta che approvi un progetto che da quel momento va offerto al confronto con tutti i democratici e con le forze sociali ed economiche, con i movimenti e le forze politiche che siano interessate al progetto di un partito democratico e riformista sardo.

Dall’assemblea programmatica deve partire anche l’elaborazione dello statuto e delle regole congressuali che devono essere costruiti con i soggetti costituenti che aderiscono al progetto.

Questa seconda fase parte a settembre e si può concludere in due mesi con l’approvazione del nuovo statuto da parte dei soggetti costituenti e dell’assemblea nazionale del Pd e delle regole congressuali che porteranno alla terza fase che porterà al congresso costituente di gennaio. Per un nuovo soggetto politico regionale, autonomo e federato, riformista e democratico che sia lo strumento di una nuova partecipazione, di una nuova stagione politica, di un nuovo progetto.

Tre fasi, per delineare un progetto coraggioso, per confrontarlo con chi vuole parteciparvi e costruirlo insieme, e per far nascere il nuovo soggetto politico che lo può interpretare.



5. Dobbiamo avere l’ambizione di parlare alla Sardegna e non più a noi stessi. Nella testa dei cittadini la vicenza di questa Giunta Regionale è già terminata, penso che arriveranno conferme anche dalle elezioni amministrative. A quella esperienza conclusa e ormai inutile deve corrispondere una naturale scelta verso di noi, verso una proposta migliore che non è automatica se non lo sapremo meritare.

Penso che sia chiaro che l’obiettivo che ci siamo posti è ambizioso e richiede che sia davvero sincera e priva di retropensieri la firma apposta a sancire la volontà unitaria dell’ordine del giorno dell’ultima assemblea.

Stiamo costruendo un nuovo soggetto politico e se tenteremo di accontentarci di una pura operazione di cosmesi politica faremmo un danno più grave della rinuncia stessa al progetto.

Stiamo costruendo un progetto e non solo un programma politico, e sarebbe un errore se scrivessimo e pensassimo le cose che mirano alle prossime elezioni piuttosto che un disegno più di lungo respiro.

Stiamo percorrendo una strada che non serve se siamo solo noi ad utilizzarla, se pensiamo serva a ridare forma e unità al Pd di oggi, dobbiamo avere l’ambizione di di aumentare i compagni di strada restituendo interesse ai trecentomila che ci hanno già votato una volta e ai tanti che potrebbero votarci se sapremo dare una visione e non solo fare una promessa.

Stiamo costruendo una comunità, dove esistono anche gli elementi affettivi che legano la solidarietà reciproca e quindi abbiamo bisogno di rinnovare i nostri strumenti di relazione interna per dare forza alla nostra alterità.



6. C’è anche un po’ di più.

Alla nostra esperienza e alla nostra decisione guarda con attenzione e interesse anche il Partito Democratico, che in quell’articolo 13 pensato prima della valanga della legge 42, dei decreti sul federalismo, vedeva solo un percorso per forze locali.

Oggi per primi intraprendiamo una strada che può essere peculiare e innovativa, quanto esiziale per alcune regioni, che non sono speciali, nelle quali i movimenti e i partiti regionalisti sono diventati un’offerta politica che fa invecchiare quella del Pd o la rende meno capace di adattarsi e rappresentare le ragioni di un territorio, che siano all’interno di un interesse nazionale che non prevarica senza essere compreso.

Ho incontrato Bersani prima di questa direzione per due volte, perché fosse chiara la strada che avevamo scelto e perché il suo percorso fosse pienamente inserito all’interno dell’articolo 13 e ho trovato il riconoscimento di un interesse nazionale nei confronti di questa esperienza, tanto da immaginare un percorso paritetico di confronto.

Ora sta a noi superare i nostri limiti e immaginare una sfida che va presa sul serio e non derubricata come un passaggio occasionale.



7. Sul fronte degli organismi e degli strumenti necessari a condurre in porto questo lavoro, voglio dire che i componenti della segreteria sono stati nominati aderendo alle indicazioni statutarie quando alla indicazione dell’ordine del giorno, nei prossimi giorni completeremo il rinnovamento dei forum che avranno i compiti ordinari di elaborazione da sottoporre al partito e quelli straordinari di contributo alla conferenza programmatica, completeremo la direzione, sostituendo i componenti decaduti e gli organismi assembleari con la prossima assemblea di giugno.

Nel frattempo individueremo i responsabili dei gruppi di lavoro per la conferenza programmatica e il coordinamento della conferenza sul quale c’è già una proposta. L’insieme dei gruppi di lavoro con i componenti la direzione nazionale e la segreteria costituiranno la sede operativa della conferenza programmatica.

Alla segreteria toccherà il compito aggiuntivo di intervenire e facilitare i processi unitari nei territori dove questi non si sono realizzati da subito e di mettere in atto gli obiettivi relativi allo strumento di adesione al partito con innovazioni che partiranno già dalla campagna 2011 nel mese di maggio.

Questo è il percorso che dobbiamo realizzare e gli strumenti necessari sapendo che alla direzione come all’assemblea toccano compiti fondamentali che richiederanno un coinvolgimento straordinario e frequente.



8. In queste 4 settimane la nostra attenzione massima deve essere riposta alla campagna delle amministrative e a quella del referendum. Parto da quest’ultimo per segnalare una grande opportunità.

La decisione del governo d rinunciare al programma nucleare, al di là di ogni convinzione personale, rappresenta una sconfitta per la coalizione che governa il paese che molto aveva investito, anche in termini simbolici, sul rilancio di questa fonte energetica. Se differenze c’erano sul fronte economico queste riguardano le scelte come questa e l’atteggiamento di fronte alla crisi economica.

È dunque un dato di valenza politica elevata, spiegabile ai cittadini, il cambiamento del governo sul tema, spinto certamente dalla reazione dell’opinione pubblica dopo Fukushima, ma di assoluta rilevanza per il fatto che ancora una volta, una esigenza del premier, quella sul referendum sul legittimo impedimento prevale sugli elementi strategici generali del centrodestra.

La decisione del governo ha per effetto la cancellazione probabile del referendum sul nucleare del 12-13 giugno lasciando oltre al quesito già citato i due quesiti sull’acqua per i quali come Pd voteremo tre si.

Con la cancellazione del referendum abrogativo sul nucleare del 12 giugno, il referendum regionale sardo assume una valenza più ampia.

Penso che dobbiamo attivare nei prossimi giorni un impegno straordinario nei centri dove si vota che coinvolgono il 30% della popolazione e soprattutto nei centri dove non si vota, perché è li che faremo o no il quorum. Dobbiamo evitare la sensazione che il tema sia già stato archiviato e chiederò a tutti i segretari di circolo di organizzare assemblee in ogni località nei prossimi venti giorni. Un’assemblea per informare i cittadini del referendum sul nucleare e per promuovere insieme il tesseramento 2011, che è già nelle disponibilità provinciali e cittadine.

È una occasione importante perché questa volta la volontà dei sardi può rappresentare la volontà di tutti gli italiani.



9. L’altra richiesta che voglio fare a tutti i segretari di circolo e a tutti gli iscritti al Pd in Sardegna è è di chiedere un voto per Cagliari e Olbia. Per la prima volta negli ultimi 17 anni Cagliari e Olbia votano insieme, le due città più ostili al centrosinistra; anche quando 5 anni fa eravamo al governo nazionale e regionale contemporaneamente abbiamo subito due cocenti sconfitte al primo turno.

Questa volta il centrodestra si è diviso, e la divisione è profonda con radici locali e nazionali, non sono possibili ricuciture e noi abbiamo la possibilità di arrivare al secondo turno e cogliere l’occasione di una impresa altrimenti impossibile. Per la prima volta i due candidati favoriti non sono sicuri di vincere, secondo alcuni sono loro ad inseguire.

Non ci sono solo le divisioni del centrodestra, se lo sappiamo cogliere c’è un primo segnale che può arrivare da due città dove sono più frequenti gli outing di chi dice “ho votato centrodestra adesso no”.

Per questo Cagliari e Olbia sono due esigenze regionali e possono diventare dei casi nazionali. Per questo serve che ogni iscritto al Pd pensi ad un voto per Cagliari, ad un voto per Olbia, un voto per due sindaci diversi che non sono del Pd ma che il Pd sostiene con convinzione e con forza.

Queste amministrative hanno poi anche altre letture, ci sono i due capoluoghi del Sulcis di Iglesias e Carbonia, nel Medio Campidano Villacidro che può tornare al centrosinistra con un sindaco donna e Sardara, così come un sindaco donna guida il Pd in uno dei centri della area metropolitana di Cagliari che vanno al voto, Sinnai, gli altri sono Capoterra, Monserrato e Elmas, oltre a Sarroch.

Poi c’è la lettura dei centri costieri del nuorese, dove il centrosinistra si ripropone e di alcuni altri centri dove il centrosinistra può tornare alla vittoria come a Sennori nel Sassarese.

È un turno delle amministrative non banale e che può misurare il consenso della Giunta Regionale, in cui il centrodestra ha più da perdere perché votano roccaforti strategiche

Bersani ha raccomandato un voto per la città e un voto per il Paese perché molte grandi città misurano anche il cambiamento o meno di un sentimento che alle regionali non aveva cambiato il segno; ma molto è passato sotto i ponti e molti sono i cambiamenti avvenuti.



10. Molto di questo cambiamento ha tinte più fosche piuttosto che luminose. La maggioranza parlamentare è più forte ma più spregiudicata e decadente, il livello di sfida istituzionale si è innalzato e le paratie nel Paese rischiano di abbassarsi. I Tg di ieri confrontavano il 25 aprile istituzionale con celebrazioni fasciste e in camicia nera, con scritte oltraggiose sui monumenti ai caduti e con i fischi ai due ministri della Repubblica durante la celebrazione al monumento del milite ignoto. Ma neanche le immagini della manifestazione di Milano erano rassicuranti, la politica fischiata da entrambe le parti, Bersani e Moratti, come la politica tenuta a distanza ci dicono della lontananza del nostro dire dalle attese che ci sono e dalle fibrillazioni che aumentano.

La politica regionale passa più inosservata rispetto a quella del Paese ma come ho avuto modo di dire prima penso, temo che nella testa della maggioranza dei cittadini sardi questo governatore, questa maggioranza e con essa questa legislatura siano vicende concluse.

Un timore che nel distacco della politica dai cittadini ci finiamo anche noi se non sapremo dare il colpo di reni che è atteso. E non abbiamo molto tempo.

Cerchiamo da subito di mettere in campo il meglio di noi stessi non per noi stessi ma per quello che ci è stato dato il compito di fare.

mercoledì 27 aprile 2011

Spalancate le porte a Cristo!














Spalancate le porte a Cristo!

Non abbiate paura di accogliere Cristo

e di accettare la Sua potestà!

Aiutate il Papa

e tutti quanti vogliono servire Cristo

e, con la potestà di Cristo,

servire l'uomo e l'umanità intera!

Non abbiate paura!

Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!

Alla Sua salvatrice potestà

aprite i confini degli Stati,

i sistemi economici come quelli politici,

i vasti campi di cultura,

di civiltà, di sviluppo.

Non abbiate paura!

Cristo sa cosa è dentro l'uomo.

Solo Lui lo sa!

Oggi così spesso l'uomo non sa

cosa si porta dentro,

nel profondo del suo animo,

del suo cuore. Così spesso è incerto

del senso della sua vita su questa terra.

E' invaso dal dubbio

che si tramuta in disperazione.

Permettete a Cristo di parlare all'uomo.

Solo Lui ha parole di vita,

sì, di vita eterna!



Meditazioni di Giovanni Paolo II

sabato 23 aprile 2011

A testa alta.



Pubblico questo commento di Emiliano perchè davvero mi è piaciuto molto.
La conclusione di questa vicenda giudiziaria,questa conclusione,con l'assoluzione piena, ci restituisce,a noi democratici ma,mi sia consentito,anche alla Sardegna e al nostro Paese in genere,il Renato Soru del 2004,l'imprenditore di successo che,a un certo punto del suo straordinario percorso personale-manageriale,si mette a disposizione della sua terra,un'isola,non dimentichiamolo, stremata da cinque incredibili anni di governi di centrodestra assolutamente inconcludenti(ricordate le giunte Floris,Pili,si quello delle dichiarazioni programmatiche della Lombardia copiate da Formigoni,e Masala).Sono stati anni in cui la Sardegna ha fatto passi indietro immensi sotto tutti i punti vista,ma soprattutto dal punto di vista economico-sociale.
Ebbene,Renato Soru con il suo bagaglio di esperienze e conoscenze,ma soprattutto con il suo autentico e disinteressato amore per la sua terra, guida la coalizione di centrosinistra che, con un programma assolutamente innovativo, stravince le elezioni regionali e in cinque anni realizza riforme sulle quali in pochi credevano,ridisegnando e dando respiro a una Sardegna che,contestualmente,acquisisce un ruolo strategico nel Mediterraneo che mai aveva avuto prima.
Il resto sono stati infingimenti(comprese le accuse che hanno dato vita al processo appena concluso) posti in essere da chi,il centrodestra,continua a dimostrare di non avere davvero capacità di governare,e lo sta dimostrando,poveri noi sardi, anche in questa tristissima legislatura,con Cappellacci e soci.
Dunque,bentornato Renato Soru,la Sardegna e l'Italia hanno bisogno di te!
E anche noi democratici!








Emiliano Deiana.

Ho incontrato Renato Soru qualche giorno fa. Non credo di svelare nessun segreto di Stato: abbiamo parlato molto dell'Ente Foreste, della sua organizzazione, delle sue potenzialità e delle sue deficienze. Poi qualche accenno al Pd, a Bortigiadas, all'eolico e poco altro. Molti silenzi, a dire il vero. Si vedeva lontano un miglio che non era molto concentrato. Poco prima di congedarmi ha detto "venerdì c'è la sentenza". Diciamo che non sono stato pronto di riflessi e me ne uscito uno scarsissimo "sarà un venerdì di passione". Ha sorriso, l'uomo. E ha detto: "sono terrorizzato". Li ho capito che era davvero innocente. Non che abbia mai dubitato, ma si sa che chi maneggia denaro pubblico può incorrere in errore anche non volendo. Basta una parola sbagliata, una frase interpretabile e si è nei casini più totali. C'era vento e ho visto un uomo mangiato dall'attesa del giudizio. Molto kafkiano, come personaggio. E con quel vento che rendeva molto instabile pensieri e certezze. Sue e mie. Ho pensato: "e se lo condannano?", ma mi sono tenuto per me questo pensiero.

Poi oggi è arrivata l'assoluzione, con la formula più ampia che ci sia.

Non ha commentato Soru, ha detto che basta quanto affermato dal Giudice nel dispositivo della sentenza. Oggi si può ben dire che Renato Soru è stato oggetto di una campagna politico-mediatica che lo ha costretto nel ruolo di indagato e di rinviato a giudizio. Ricordo con un certo raccapriccio i titoli dell'Unione Sarda e i dossier di Mauro Pili. Così come ricordo con un pò di ribrezzo i dibattiti in Consiglio Regionale, le facce pessime dei Pittalis, degli Artizzu, degli Oppi. Per non parlare degli ex alleati socialisti o come quelle dei reprobi dell'Udeur mastelliano.

Il contrasto che si genera fra la vicenda giudiziari di Soru e quella del Caimano è stridente. Uno che affronta il Giudizio (come altri prima di lui) e uno che lo sfugge con tutti i mezzi. Uno che subisce le campagne stampa e la macchina del fango e uno che costruisce dossier e definisce gli Scilipoti come vittime - confermandosi ladro di parole - della macchina del fango da lui inventata ed attuata.

Ma questa vicenda ci insegna anche altro. E lo deve insegnare principalmente a noi di centrosinistra: la politica non si fa nelle aule di giustizia. La politica si fa tra la gente, con idee migliori e un'etica pubblica superiore a quella dell'avversario. Ci insegna questa vicenda che a buttare tutto - anche con un delinquente conclamato come B. - sulla Giustizia poco se ne ricava politicamente. Quelli di destra in Sardegna ne ricaveranno una futura (e sonora) sconfitta alle prossime regionali. Me le immagino già le facce dei massimi esponenti della destra sarda. Loro e il loro visi di guano solidificato. E ce la gusteremo davvero la loro sconfitta. Una sconfitta tutta politica che dichiarerà la loro incapacità di governo, il vuoto delle idee, l'inadeguatezza delle loro ricette.

E infine la certezza che Renato Soru ha riscritto la sceneggiatura del caimano al contrario. Un uomo e il suo Giudice. Un Giudice equo, imparziale. E fuori non una folla urlante che acclama il condannato, ma solo la Mongiu con la sua crocca di capelli come le nonne di un tempo.

Poi un uomo in riva al mare che finalmente ricomincia a respirare.

Renato Soru assolto!













Un lungo applauso del pubblico presente in aula ha accolto la lettura della sentenza di assoluzione per Renato Soru. L’ex presidente della Regione Sardegna e patron di Tiscali Renato Soru è stato assolto questa mattina a Cagliari al processo che lo vedeva indagato per l’appalto da 56 milioni di euro per la pubblicità istituzionale della Regione sarda. Era accusato di turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Nello specifico il collegio presieduto da Mauro Grandesso, ha ritenuto Soru non colpevole per non aver commesso il fatto in relazione alla turbativa d’asta e perché il fatto non sussiste nell’abuso d’ufficio contestato dalla Procura. L’ex governatore è uscito in lacrime, ha abbracciato i fratelli Benoni, entrambi con il volto segnato dall’emozione, e si è lasciato sfuggire un’unica battuta: “Tutto ciò che c’è da dire l’ha detto il giudice”.

Oltre a Soru sono stati assolti con formula piena anche gli altri tre imputati: Fabrizio Caprara, amministratore delegato dell’agenzia pubblicitaria Saatchi & Saatchi, e i fratelli Marco e Sergio Benoni del consorzio Sardegna Media Factory. Per loro è caduta l’accusa di turbativa d’asta. Soru era accusato di presunti illeciti legati all’assegnazione dell’appalto sulla pubblicità istituzionale (56 milioni di euro) e della campagna “Sardegna fatti bella” (da 1 milione di euro), assegnati dalla Regione all’agenzia Saatchi&Saatchi.

L’ex governatore era assistito dagli avvocati Carlo Federico Grosso e Giuseppe

Macciotta. Parte civile la Meet Comunicazione, una delle agenzie che ha partecipato alla gara. I tre imprenditori cagliaritani erano accusati di turbativa d’asta per il contratto di subappalto con la vincitrice Saatchi, secondo l’accusa agevolati dal loro rapporto di conoscenza con Soru, così come Fabrizio Caprara, amministratore delegato della società di Saatchi&Saatchi. “Sono stati cinque anni di massacro”, ha detto Sergio Benoni, “sotto il profilo umano e professionale. Ora è finita e dobbiamo ricominciare da capo”.

Davanti al presidente del collegio Mauro Grandesso, il pubblico ministero Daniele Caria ha iniziato le repliche, dopo la requisitoria in cui aveva chiesto la condanna a un anno per Soru e otto mesi per gli altri imputati, incentrate tutte sull’elemento soggettivo del dolo intenzionale. “La condotta ascritta a Soru – ha detto – è quella di aver voluto influire sui componenti della commissione. La turbativa d’asta sta tutta nel tentativo di interferenza”.

In aula, tra il pubblico, familiari, amici e compagni di partito di Soru. Tra questi la ‘fedelissima’ Maria Antonietta Mongiu, assessore alla Cultura quando il patron di Tiscali era presidente della Regione, e il consigliere regionale Marco Espa. In mattinata si era visto anche l’ex assessore all’Urbanistica Gian Valerio Sanna. Raggianti gli avvocati della difesa, Carlo Federico Grosso e Giuseppe Macciotta. “Confidavamo in questo risultato – ha commentato il prof. Grosso – perché gli elementi emersi nel processo sono stati chiari. Il presidente Soru sapeva di non aver fatto nulla di male. Nel corso dell’istruttoria abbiamo visto che i capisaldi dell’accusa si sono dissolti. Eravamo ottimisti, il fatto che non ci fossero elementi che reggevano l’accusa è stato recepito anche dal tribunale”. (Repubblica – 22 aprile 2011)

Buona Pasqua!













Se il Natale è la festività che raccoglie la famiglia, riunisce i parenti lontani, che più fa sentire il calore di una casa, degli affetti familiari, condividendoli con chi è solo, nello struggente ricordo del Dio Bambino, la Pasqua invece è la festa della gioia, dell’esplosione della natura che rifiorisce in Primavera, ma soprattutto del sollievo, del gaudio che si prova, come dopo il passare di un dolore e di una mestizia che creava angoscia, perché per noi cristiani questa è la Pasqua, la dimostrazione reale che la Resurrezione di Gesù non era una vana promessa, di un uomo creduto un esaltato dai contemporanei o un Maestro (Rabbi) da un certo numero di persone, fra i quali i disorientati discepoli.
La Risurrezione è la dimostrazione massima della divinità di Gesù, non uno dei numerosi miracoli fatti nel corso della sua vita pubblica, a beneficio di tante persone che credettero in Lui; questa volta è Gesù stesso, in prima persona, che indica il valore della sofferenza, comune a tutti gli uomini, che trasfigurata dalla speranza, conduce alla Vita Eterna, per i meriti della Morte e Resurrezione di Cristo.
La Pasqua è una forza, una energia d’amore immessa nel Creato, che viene posta come lievito nella vita degli uomini ed è una energia incredibile, perché alimenta e sorregge la nostra speranza di risorgere anche noi, perché le membra devono seguire la sorte del capo; ci dà la certezza della Redenzione, perché Cristo morendo ci ha liberati dai peccati, ma risorgendo ci ha restituito quei preziosi beni che avevamo perduto con la colpa.

Buona Pasqua a tutti!

giovedì 21 aprile 2011

Nel girone del rebetico (Bis).














Emiliano cita questa sua nota,totalmente condivisibile, confezionata nel luglio scorso...la ripropone oggi,ovviamente ancora condivisibile in toto, a sottolineare che nulla è cambiato nel Pd sardo...evidentemente questo è il nostro incredibile modus agendi...aggiungo ancora una volta che così non si costruisce niente,ma anche questa considerazione,ahinoi,non è certamente nuova!E allora?



Emiliano Deiana

C'è un capitolo nel libro di Vinicio Capossela Non si muore tutte le mattine che si intitola Nel girone del rebetico. Il rebetico è un genere di musica popolare greca meno famosa del sirtaki: è musica delle città di porto di derivazione turca. Rebetico dal turco rebet, ribelle. Difatti irebetici sono ribelli tristi senza rivoluzione. Soprattutto però il rebetico è un lamento che si canta in coro, ma si balla da soli. Chi canta il rebetico è chiamato mangas e quando canta tutti lo devono guardare negli occhi perchè l'unica cosa importante è la verità. Sia per lui che per chi l'ascolta, cosicchè il suo dolore è il dolore di tutti...la sua verità è la verità per tutti...il suo sogno è il sogno di tutti. Perchè parlo del rebetico? Secondo me è la parabola del Pd sardo. Servono oggi, con la destra allo sbando, i nuovi rebetici, dei ribelli che contribuiscano a disegnare i contorni di un progetto di un popolo. Dei ribelli che siano capaci di lanciare segnali chiari ai vecchi leader del centrosinistra sardo: noi ci siamo e stiamo organizzando la ribellione rispetto ai vostri metodi, ai vostri programmi, al vostro modo di fare e di essere. Siamo qui, siamo pronti. Ora sta a voi decidere se collaborare sulla base di presupposti nuovi o se scontrarci in maniera definitiva per la guida del Centrosinistra. Uno scontro che, se non produrrà un accordo, rischia di sancire una nuova sconfitta per l'area riformista nonostante i fallimenti della destra. Credo che i più accorti fra i capi del Pd se ne rendano conto nonostante privatamente sbraitino contro i rebetici, i nuovi ribelli che vogliono cantare in coro e ballare da soli.

Scrivevo questa cosa il 16 luglio 2010 e da allora nulla è cambiato nel Pd Sardo.

Abbiamo assistito con speranza all'ultima Direzione e all'ultima Assemblea Regionale. Sembrava che il Segretario ce la potesse fare a impostare un nuovo schema di gioco con la prospettiva di creare il Partito Democratico Sardo. E in questa prospettiva doveva costituirsi la Segreteria Regionale e i Forum tematici che coordinassero l'attività politica. E allora andiamo per ordine. Il Segretario aveva individuato - assai giustamente dal mio punto di vista - nella mancata amalgama fra le esperienze costitutive del Pd il vulnus e la debolezza del nuovo Partito. Tutti i Big sono rimasti troppo ancorati ai gruppi d'origine e sono stati incapaci di liberarsi delle zavorre ideologiche del passato. In più nel Pd sardo si è rimasti impigliati alla vecchia diatriba fra soriani e antisoriani che ha macchiato la nascita, nel 2007, del Partito Democratico.

Se questa analisi è vera (come è vera) la Segreteria e i Forum non possono rifarsi agli stessi errori del passato. Non basta un'indicazione da un Big per essere nominato. Occorre che la prospettiva politica del Partito Democratico sardo - autonomo e federato con quello nazionale - sia declinata da donne e da uomini slegati da logiche che hanno caratterizzato gli scontri del passato. Pena il fallimento dell'intera operazione. E sia declinata da donne e da uomini che credono davvero nel progetto e non lo vedano come base d'appoggio per future alleanze, schieramenti o posizionamenti, ma come approdo. Il 16 luglio dicevo che ci volevano dei rebetici che guidassero il cambiamento nel Pd della Sardegna. Oggi lo ribadisco con ancora più forza e determinazione. Silvio Lai non deve nominare una Segreteria per "accontentare" questo o quello. Silvio Lai deve nominare una Segreteria che sia funzionale al mandato dell'Assemblea Regionale: l'Assemblea Programmatica di luglio e il Congresso fondativo che sancirà la nascita - anche a costo di uno scontro feroce col Pd nazionale - del Partito Democratico Sardo. In quella Segreteria non deve nominare "nomi" e "casacche", ma gente che lavori - pancia a terra - per la ditta. I Big nessuno vuole espellerli da nessun luogo decisionale, ma dovrebbero - a mio modestissimo parere - liberare il Segretario dall'accerchiamento a cui è sottoposto affinchè, sentiti tutti, possa decidere in maniera libera e autonoma, quali uomini possano lavorare gomito a gomito con lui.

Tutte le altre soluzioni sarebbero soluzioni pasticciate che avvantaggerebbero "il palo" dei Soliti Ignoti: Paolo Fadda. Un palo rimasto ad assistere al disfacimento di un Partito che dovrebbe rappresentare la guida dell'intero Centrosinistra sardo. Un palo che fin dal 2007 pensa a se stesso e ad utilizzare il Partito a suo uso e consumo. Un palo che prefigura un partito di pochi e per pochi, in cui le decisioni sono prese nelle segrete stanze e mantenute oscure per il popolo bue.

E allora che Silvio Lai mostri coraggio, esca allo scoperto, parli alla militanza attiva. In linea con quanto scritto nel documento conclusivo dell'ultima Assemblea Regionale dove non mi pare ci sia scritto che la Segreteria e i Forum siano nominati con logiche spartitorie, ma secondo una logica unitaria e che punta all'unità. Una unità che non viene fatta dai "nomi", ma dalle idee e dalle capacità che ciascuno sarà in grado di porre al servizio del PD Sardo.

lunedì 11 aprile 2011

Il Partito Democratico e i cattolici.














Venerdì sera si è svolto a Cagliari un interessantissimo convegno organizzato dalla associazione "TrecentosessantaSardegna" titolato "I cattolici,i democratici".
Quando ho ricevuto l'invito dal mio amico Francesco Sanna,pensavo di poter essere presente,pur avendo per quella data già un precedente impegno;poi,come capita,all'ultimo momento non ci sono riusciuto.
Da cattolico e democratico ho ritenuto l'argomento estremamente importante,oltrechè coinvolgente.
Qual era dunque l'oggetto di questo dibattito?
L'incontro si poneva l'obiettivo ambizioso di verificare se esiste uno spazio per una presenza di uomini e donne della cultura cattolica nel Pd,come è possibile declinare i valori del magistero sociale della Chiesa nel Pd, a che punto è il cantiere.
Al di là delle risposte molto articolate che sono state date da relatori che certamente,più di altri,potevano,in merito, argomentare, come i senatori del Pd Marco Follini,Stefano Ceccanti e lo stesso Francesco Sanna,anche io ho le mie risposte per queste domande.
Intanto non condivido l'analisi che,dopo questo convegno,ha fatto Raimondo Schiavone su RosaRossa online.
Io non credo che un incontro del genere possa essere derubricato a iniziativa,in vista delle elezioni comunali di Cagliari,per attrarre l'elettorato cattolico.
Anni fa,ai tempi dell'università,anche con Davide Carta e Francesco Sanna,ci siamo più volte ritrovati,erano i tempi del movimento giovanile della Democrazia Cristiana,a disquisire di temi analoghi(mi riferisco all'importanza,anche nell'azione politica,della Dottrina Sociale della Chiesa).
Da allora è passato tanto tempo,nel corso del quale sono caduti muri,ideologie,i partiti dell'epoca,dc e pci tra tutti, non esistono più.
Francamente ritengo che il mio percorso politico,dalla dc fino al pd,passando per ppi,asinello e margherita,sia stato coerente anche con i dettami contenuti nella "Rerum Novarum" di Papa Leone XIII del lontano 1891.
Uno dei punti più importanti di questa enciclica,sulla quale,tra l'altro,essendo stato questo argomento oggetto della tesi di laurea di mia moglie, ho avuto modo di leggere documenti davvero interessanti,è la figura dell'uomo come centro dell'ordine economico, sociale, politico, insieme alla sua famiglia. Debbo anche sottolineare,per quanto mi riguarda, come questi insegnamenti, sono di un attualità estrema,se pensiamo a tutte le problematiche,anche di di ordine religioso,ancora oggi aperte nei vari angoli del mondo,dove,evidentemente,il diritto e l'esercizio della vita religiosa risulta palesemente violato;oppure i temi del lavoro, della famiglia, al giusto salario, alla libertà, alla partecipazione alla vita dello Stato, all'istruzione, alla collaborazione nella produzione della ricchezza.Papa Ratzinger nella sua enciclica, «Caritas in Veritate», sulla dottrina sociale della Chiesa, ha tracciato, in perfetta continuità con i suoi predecessori, le linee guida per ristabilire una esatta gerarchia dei valori ponendo al centro di essi la persona. Ma non si è fermato qui! Egli ha infatti proposto, come già aveva fatto Giovanni XXIII, la Istituzione di una Autorità politica mondiale che, come ha scritto il papa, "dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune, impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità nella verità"

Oggi,parlare di dottrina sociale della chiesa da democratico non significa guardare al passato,ne accentuare posizioni confessionali,tanto meno,considerazione questa che non condivido assolutamente,costruire un ponte con l'Api di Rutelli o l'Udc di Casini per arrivare alla dissoluzione del Partito Democratico.
Io non ho,evidentemente,da iscritto e dirigente del Pd,alcuna intenzione di tirare la coperta ideologica del Pd,che Schiavone definisce troppo corta per assecondare e giustificare le varie rivendicazioni di tutte le anime del partito a seconda delle convenienze.Io non ho, nel partito, alcuna convenienza da cercare,ne prevaricazioni da adottare nei confronti di chi proviene da culture politiche differenti dalla mia,ne ritengo di dovermi ritrovare su di un piedistallo in virtù del mio essere cattolico,aggiungo praticante.
Semmai,questo si,mi ritengo impegnato a contribuire,nel mio piccolo,a dare una mano alla crescita e al radicamento del Partito Democratico,partito plurale e inclusivo,in ogni dove,anche sulla base di quelle che sono le mie convinzioni religiose che mi supportano poi nel mio agire politico,così come risultano fondamentali per il partito le esperienze e le culture di chi ha,in passato,maturato altre esperienze.
Il richiamo a svestirsi definitivamente delle vecchie casacche di appartenenza in vista di un Pd davvero unito è stato fatto sia dal mio segretario provinciale nel corso dell'ultima assemblea provinciale,sia dal segretario regionale,sempre nell'ultima assemblea regionale.
Come ha giustamente ricordato Follini nel corso di questo convegno,"il Partito Democratico è un luogo nel quale cattolici e laici si confrontano ad armi pari e dove non ci sono i guelfi e i ghibellini di memoria storica:questo è un valore prezioso per noi e per il Paese per abbattere finalmente uno steccato storico"

mercoledì 6 aprile 2011

Noi non siamo leghisti.Settecento tunisini a Cagliari sono una straordinaria occasione di solidarietà:non lasciamocela sfuggire.



Vito Biolchini.

La solidarietà è concreta quanto l’intolleranza e il razzismo. La solidarietà si fa con le parole ma soprattutto con i fatti. Per cui, veniamo al dunque e vediamo se siamo all’altezza della situazione e se veramente non siamo leghisti come diciamo di essere.

Tra poche ore circa 700 giovani tunisini saranno a Cagliari. Fuggono da una società impoverita da una lunga dittatura che noi abbiamo fatto finta di non vedere e ora cercano, a costo di lasciarsi alle spalle gli affetti più cari, un futuro migliore. Probabilmente non in Italia, ma in altri paesi europei più ricchi del nostro.

Se otterranno un permesso temporaneo, sicuramente lasceranno la Sardegna. La nostra, non a caso, è tra le regioni con il minor tasso di migranti. Non perché gli siamo antipatici, ma perché siamo poveri. E loro la povertà la stanno sfuggendo a rischio della loro stessa vita.

Chi resterà, però, si troverà bene: la provincia di Cagliari è quella, in Italia, dove migliore è l’integrazione.

Questi giovani tunisini non sono dei marziani, non arrivano da mondi lontanissimi. Sono, di fatto, nostri vicini di casa. Sono i nostri dirimpettai. Perché Cagliari è più vicina a Tunisi che non a Roma. E il loro approccio alle cose della vita e del mondo, grazie ai mezzi di comunicazione di massa, è ormai potentemente influenzata dai nostri modelli culturali.

Ora verranno “ospitati” in una struttura militare in via del Fangario, a ridosso dei quartieri popolari di Sant’Avendrace e di san Michele. Per fortuna gli è stata risparmiata l’onta di una tendopoli, sperduta nelle campagne di Chilivani. Ma è pur sempre uno spazio recintato dal filo spinato.

La differenza tra un lager, un luogo di detenzione e uno spazio di accoglienza lo faremo noi. Intanto non considerandoli dei criminali. Certo, qualche delinquente tra di loro ci sarà, ma c’è pure nel nostro onorevole parlamento, per cui non è il caso di fare troppo gli schizzinosi.

E come faremo questa differenza? Con una solidarietà concreta. Penso che a queste persone mancherà tutto quello che non è un letto e un pasto da sfollati.

Allora, compatibilmente con le regole che saranno fissate dalla Prefettura e dal Governo, portiamo loro vestiti, cibi buoni. Organizziamo momenti di socializzazione. Dimostriamo concretamente la nostra diversità dal becero terrorismo della Lega e dal centrodestra nazionale.

Cagliari è una città civile e ricca di associazioni di volontariato che fanno ogni giorno un lavoro straordinario. Penso alla rete di Sardegna Solidale e alla Caritas, che potrebbero organizzare questa azione di scambio e integrazione che poi potrà giovarsi dell’apporto dei singoli cittadini. Penso al Cagliari Social Forum e ai circoli della sinistra cittadina. Penso anche alla sensibilità della Provincia, che da anni lavora con impegno e con risultati concreti sui temi dello scambio tra culture e lavora per rendere meno dura la vita dei migranti nel nostro territorio.

L’Italia ci guarda, il mondo ci guarda. Noi non siamo leghisti. Dimostriamo che siamo diversi. E’ la nostra grande occasione per rafforzare la democrazia in Italia, per combattere gli spacciatori di paura. Un’occasione straordinaria: io non la voglio perdere.

martedì 5 aprile 2011

Pd,incontro segretari di circolo e amministratori.


Ieri sera ci siamo ritrovati a Villaverde,ospitati in modo eccellente da Roberto Scema,per l'appuntamento calendarizzato dalla segreteria provinciale in Marmilla.
Oggetto dell'incontro,molto partecipato da una platea estremamente interessata,l'organizzazione del Partito nel nostro territorio.
E'un'altra occasione questa,da che il Pd oristanese risulta strutturato con organismi dirigenti provinciali e locali,per incontrarsi e per discutere delle problematiche della nostra zona.
Aggiungo,certo di non poter essere smentito,che il nostro Pd provinciale è l'unico partito che si sta,con molta serietà,proponendo,ascoltando le istanze della periferia e organizzando momenti di confronto per contribuire ad affrancare e fare uscire la Provincia di Oristano da una situazione che definire allarmante,dal punto di vista socio-economico,risulterebbe certamente eufemistico.
Una delle ultime "perle" confezionataci dalla maggioranza di centrodestra che governa in maniera palesemente inadeguata la nostra provincia è la vicenda della perdita,per manifesta incapacità dell'amministrazione provinciale ad impegnare quelle importantissime risorse entro i termini, del finanziamento per la realizzazione della bretella stradale che collega la statale 131 a Gonnostramatza e,quindi,al nostro territorio.Questa arteria,mi pare superfluo sottolinearlo,rappresenta uno snodo strategico per lo sviluppo della nostra Marmilla.
Lo hanno sottolineato ,con la loro competenza, il nostro segretario provinciale Gianni Sanna,che ha coordinato i lavori,il nostro consigliere regionale Antonio Solinas,il nostro consigliere provinciale Roberto Scema,il nostro ex capogruppo in Regione Antonio Biancu,oltrechè,ovviamente, i sindaci presenti.
Come detto, si è parlato,in modo capillare, della organizzazione delle attività del partito.
Nello specifico è stato sottolineato come le varie iniziative,coordinate dai circoli,che rappresentano lo strumento essenziale del nostro fare politica tra e per la gente,debbano avere un respiro sovracomunale,considerato anche l'esiguo bacino d'utenza dei nostri singoli Comuni.
Tra le altre cose,nei prossimi giorni e nelle prossime settimane,ci sentiremo totalmente impegnati,oltrechè nella importantissima campagna elettorale per le elezioni amministrative,nelle manifestazioni contro il Nucleare,prima con il referendum regionale e poi,soprattutto, con quello nazionale.In proposito,il segretario provinciale ha ricordato che,per l'organizzazione di queste iniziative,sono a disposizione le eccellenti competenze del forum di riferimento.
Altro tema di rilievo oggetto di referendum, per il quale saremo in campo, è quello sull'acqua,contro la privatizzazione dell'acqua,intesa come fondamentale bene pubblico.
E' stato inoltre annunciato l'impegno per la realizzazione di una "Festa Democratica" a Oristano e di un'altra ad Ales.
Si è parlato poi del tesseramento.
La nostra responsabile organizzativa Mariangela Massenti ha consegnato i plichi per il 2011,auspicando,insieme a nuove adesioni,un coordinamento tale da riavere il tutto entro tempi congrui,al di la di quelli già previsti dalle indicazioni nazionali e regionali.
La serata si è conclusa,dopo un ampio dibattito,con un gradevole spuntino preparato da Roberto e dagli amici di Villaverde.