mercoledì 30 marzo 2011

Chi ci sta?



Emiliano Deiana.


Adesso nel Pd in Sardegna si e' aperta la gara a chi ha detto per primo che il Partito Democratico Sardo dovesse essere autonomo e federato con quello nazionale. Tutti sardi-sardissimi, con le berritte e gli abiti di orbace, colloquiando in sardo-sardissimo nei corridoi di Via Emilia. L'insana corsa a mettere il cappello su una iniziativa che, se non riempita di contenuti, rischia di rimanere un comma all'interno di uno Statuto e un bollino su un simbolo e niente più è iniziata.

E su questo ci si sono ritrovati tutti i contendenti col solo Paolo Fadda rimasto fuori come il palo durante la rapina dei Soliti Ignoti: non si sa mai che serva una sponda per gli amici che fingono di stare al gioco. Si sono ritrovati tutti d'accordo su un nuovo Congresso fondativo e su un'assemblea Programmatica da tenersi a luglio.

Leggendo le cronache marziane del Peretti della Nuova Sardegna pareva ci fossero vincitori e vinti e non invece quel che è stato, un sussulto di serietà da parte dei più per tentare di togliere il Pd dalle secche nelle quali è incagliato dal 2007.

E se si resta alle categorie dei vincitori e dei vinti probabilmente è stato sconfitto un disegno che prevedeva l'affossamento del Segretario Regionale Silvio Lai con il più classico dei ribaltoni: cambio di maggioranza in assemblea e nuovo Segretario senza passare dalle forche caudine delle Primarie di iscritti ed elettori. Non credo serva a nessuno fare nomi e cognomi, tutti sanno quale ruolo hanno giocato i diversi protagonisti e le tendenze egemoniche che le muovevano. Basta scorrere il tenore degli interventi di sabato in assemblea per capire qual'era la tendenza con un Partito Democratico neomoderato, di Centro, garante di equilibri di potere trentennali nelle varie aree della Sardegna. Un Partito balcanizzato fra cagliaritani, sassaresi, galluresi e con l'eterna bomba ad orologeria nuorese. Un Pd nuorese garante di alleanze strane ad Orosei e in altri centri in simbiosi con uomini del Pdl. Un Partito - questo immaginato da alcuni personaggi - che è la negazione stessa di una visione bipolare della politica, ma si affermerebbe come Partito che gestisce pezzi di potere, da solo o alleato coi i più scaltri e loschi dei transughi della destra.

Un affossamento del Segretario che aveva raggiunto l'apice durante le Primarie per il Sindaco di cagliari con un Cabras azzoppato dal fuoco amico più che dallo strapotere di Massimo Zedda. Un affossamento che passava dall'elezione del nuovo Presidente dell'Anci e da successivi agguati all'interno del gruppo in Consiglio regionale.

Un Pd pensato ad immagine e somiglianza della Democrazia Cristiana con tutti i difetti della Dc e senza nessun pregio. Il richiamo faddiano a Soddu, Giagu e Dettori serve ad ammantare la proposta di un minimo di dignità, ma nasconde al suo interno tutti i germi che porterebbero il Pd ad una subitanea morte.

Il fatto che alcuni abbiano firmato il documento che porterà il Pd all'Assemblea Programmatica di luglio e al Congresso Fondativo non garantisce un bel nulla. Ed è allora è compito dei più "illuminati" fra i Dirigenti quello di riportare al centro la Sardegna e i suoi problemi, le sue perculiarità e le sue infinite e mai sfruttate potenzialità.

Parlare vagamente di PD Sardo non significa nulla. Ha senso se si parla del rapporto fra la Sardegna e lo Stato, ha senso se si indica a quale tipo di organizzazione statale si aspira in esecuzione dell'articolo 117 della Costituzione, ha senso se si chiarisce quale ruolo e quali temi vuol portare al centro il Partito Democratico per il bene dei sardi e della Sardegna. Altrimenti è solo una schermaglia che anticiperà nuovi riposizionamenti personali nascosti dietro problemi che non si affrontano nemmeno. Ed allora il Partito Democratico Sardo si deve rendere autonomo dalle consorterie di Roma, ma non lo deve fare delegittimando questo o quel dirigente nazionale, ma segnando una discontinuità di metodi e di mezzi.

Esempi? Un paio. Se resta in vigore il Porcellum per le elezioni di Camera e Senato il Pd della Sardegna ha il dovere politico e morale di svolgere Primarie aperte per la scelta dei candidati. E allora se sul PD Sardo sono tutti d'accordo chi è invece d'accordo su questo tema? Chi si affranca da Roma nei fatti e chi resta avvinghiato alle correnti nazionali per elemosinare un posto in lista. E così a cascata anche le Primarie di Collegio per le elezioni regionali. Questo è l'unico modo per mischiare davvero le carte e produrre cambiamento e ricambio della classe dirigente. Chi è d'accordo che alzi la mano. Chi non è d'accordo che corra pure a nascondersi sotto la gonna di D'Alema, Fioroni, Bersani, Franceschini, Veltroni o Fassino. E anche se vestiti di fustagno che la smettano di parlare di Pd Sardo, almeno.

Un altro esempio? La guerra. Io credo che ci sia uno scollamento evidente sul tema della guerra (di qualsiasi guerra) fra i Dirigenti del Pd e la base. Una base largamente educata ai valori della pace e che vede come il fumo negli occhi qualsiasi soluzione bellica per risolvere controversie internazionali o regionali. Tutti però siamo d'accordo sul fatto che di pace non bisogna solo parlarne in emergenza, ma praticarla nel quotidiano. E come può la Sardegna concretamente aiutare i processi di pace? Ad esempio affrancandosi e rendendosi autonoma dal punto di vista energetico dall'approvvigionamento estero sfruttando appieno le energie rinnovabili. Nessuna guerra si farebbe in nome della Sardegna e anche la posizione sulla guerra in caso di conflitto per l'accaparramento delle risorse energetiche sarebbe consequenziale. Anche su questo tema ci saranno sicuramente i favorevoli e i contrari. Ma i contrari, coloro che restano legati alla Saras e ai loro intrallazzi, non parlino più di Pd Sardo. E così per l'acqua pubblica e sul nucleare.

E ancora? Andare in fondo nell'applicazione dell'art. 5 dello Statuto di Autonomia e creare davvero un sistema formativo sardo che si affranchi definitivamente dalle varie riforme nazionali che mirano a distruggere la scuola pubblica in Italia e soprattutto nelle aree marginali del Paese. Chi è d'accordo è per il Pd Sardo chi è contrario sarà sempre volubile alle interferenze ministeriali o alla questua presso il Ministro amico.

Ecco per fondare il Pd Sardo occorre parlare di questi temi, occorre sfiorare l'indipendentismo light o l'autonomismo strong ed aggregarsi o dividersi su di essi e non sulle aderenze a questo a quel capoccia. Io credo che la solo proposta delle Primarie per Camera e Senato servano a diradare molte delle nubi che si addensano su quel documento unitario nella forma, ma disgregante nella sostanza. Penso e credo di non sbagliarmi che vedremmo la più grande alleanza fra i maggiorenti e la più enorme convergenza fra i militanti. Poi spetta a chi ha coraggio spingere affinche si realizzi l'antico adagio latino del simul stabunt simul cadent. Se invece fra i Dirigenti si coglierà, in queste ed altre proposte, non il rischio, ma l'opportunità nascerà davvero un Pd Sardo unito, forte che può legittimamente aspirare a governare i processi di necessario cambiamento che la Sardegna aspetta.

lunedì 28 marzo 2011

Le ragioni di una scelta.



Cinque anni fa,dopo tredici anni ininterrotti di presenza e di lavoro appassionato all'interno del Consiglio Comunale di Nureci,il mio paese, avevo deciso,per una serie di motivazioni,di abbandonare la scena politica istituzionale.
Lo feci,debbo dire,con molto rammarico e dispiacere,perchè fu una determinazione molto sofferta,persuaso del fatto che,pur non avendo mai concepito l'impegno amministrativo come una sorta di vitalizio,ritenevo, tuttavia,di poter ancora ,e a prescindere dal ruolo,dare una mano al mio caro paesello,nel quale vivo e al quale,ovviamente,sono molto legato.
La consiliatura che andava a concludersi nel 2006,al pari delle ultime tre,dal 1993 al 2001,si rivelò molto importante per la crescita culturale-economico-sociale di Nureci.
In tutti questi anni il paese è cresciuto molto,sotto tutti i profili.
Agli inizi degli anni novanta avevamo immaginato di recuperare il centro storico,gia particolarmente interessante per via di una serie di peculiarità urbanistiche e di una strutturazione naturale accattivante,anche con il ripristino dell'acciottolato originale che, da sempre, caratterizzò Nureci rispetto agli stessi centri limitrofi.
Fu,quella programmazione,l'inizio di un percorso di ammodernamento del paese che,a oggi,pur avendo davvero fatto passi avanti enormi in termini di infrastrutturazione e di crescita sociale e culturale,non è ancora terminata.
Quella legislatura fu per me molto importante perchè,anche grazie al sindaco di Nureci e al gruppo consiliare di cui ero espressione,fui chiamato a ricoprire ,per cinque anni, il prestigioso incarico di Presidente della Comunità Montana di Ales,strategico organismo sovracomunale del territorio.
Nel 2006 lasciai l'attività amministrativa ma non la politica attiva,occupandomi in questi anni,tra le altre cose,della nascita del Partito Democratico di Oristano,di cui sono dirigente provinciale.
Qualche settimana fa Fabio Zucca,sindaco di Nureci e amico dai tempi in cui avevamo i calzoni corti,insieme al suo gruppo,mi hanno chiesto di tornare a candidarmi.
Debbo dire la verità che,al di la dell'attestazione di stima e di amicizia manifestatami anche con questo gesto,la cosa mi ha spiazzato.
Si,perchè,nonostante la passione per il lavoro teso alla crescita e allo sviluppo del mio paese, oramai avevo dismesso gli abiti del pubblico amministratore,e seguivo le dinamiche di Nureci con il distacco tipico del cittadino comune.
A Fabio ho chiesto un po di tempo,dovevo davvero pensarci,francamente non era semplice per me.
Ieri,anche dopo averne parlato a lungo con mia moglie e con alcuni amici,ho sciolto la riserva, decidendo di accettare la candidatura.
La vera ragione di questa scelta è il legame fortissimo con Nureci,il volere un bene infinito al mio paese e la consapevolezza che il progetto è lo stesso di diciotto anni fa,quando decisi, per la prima volta, di occuparmi della gestione politico-amministrativa del mio paese.
Ritengo altresì che a dare gambe a questo programma saranno,eventualmente, persone all'altezza,le stesse,con i dovuti fisiologici ricambi,che in tutti questi anni hanno guidato il Comune.
Un'ultima ,ma non certo meno importante annotazione, è la presa di coscienza di avere ancora importanti motivazioni da mettere in campo in questa partita.

sabato 19 marzo 2011

I diciotto mesi di Enrica.














Oggi Enrica,nostra figlia,compie 18 mesi.
Due le considerazioni che mi vengono in mente.
La prima.
Lo scorrere del tempo.
Francamente non mi sembra vero che sia trascorso già così tanto tempo da quel 19 settembre,quando ho provato l'emozione piu intensa e unica della mia vita,stringendo, per la prima volta,tra le mie braccia quel fagottino di poco meno di tre chili.
Una esperienza straordinaria e irripetibile!
Oggi Enrica è cresciuta tanto,cammina e corre spedita,parla proferendo oramai tutte le parole,imbastendo discorsi da bambina più grande della sua età.E' assolutamente sorprendente per noi genitori sentirla cantare,tra le altre cose,l'inno di Mameli nella sua integrità.
La seconda considerazione è la presa d'atto che la nostra vita,mia e di Annalisa,è fantasticamente cambiata,oserei dire che è stata letteralmente stravolta.Tutto è in funzione di Enrica,dall'alba al tramonto!
Ovviamente anche questo aspetto è straordinariamente bello.
E allora auguri Amore di mamma e babbo,grazie per tutti questi doni immensi che ci hai dato finora e in così poco tempo,e per quelli,a Dio piacendo, che ci darai.
Grazie soprattutto al Signore per il dono della vita che ci ha concesso!

Vergogna!

Dalla pagina facebook di Marco Espa


E chi è in carrozzella è uno scroccone, cosi sembra?
la vergogna della copertina di Panorama, discriminatoria, violenta, fascista... che getta lo stigma contro le persone con disabilità.... vergogna!

giovedì 17 marzo 2011

Annalisa e l'Unità d'Italia.












Annalisa Frau.



150°anniversario dell'Unità d'Italia sotto la pioggia. Le bandiere tricolori, cha da ieri sventolano sui balconi delle case che si affacciano sulla via Roma di Gonnoscodina, delizioso omaggio alla patria, sono bagnate ma non hanno perso la brillantezza dei colori. Non mi scoraggio: è una giornata speciale e lo spiego ad Enrica, usciamo nonostante il maltempo.

Oggi l'Italia è nei nostri pensieri, l'Italia con la I maiuscola, quella che io ho scoperto sui libri di scuola, quella che, speriamo, i nostri figli potranno ritrovare, a scuola, sulla scorta degli stimoli e delle mille esperienze che oggi, grazie a Dio, le famiglie possono offrire.

Unità d'Italia a scuola non come valore uniformante, ma sfondo luminoso, dagli accesi colori verde, bianco, rosso, su cui possano posarsi le nostre diversità, le nostre individualità, le nostre differenze che pacificamente devono poter convivere e coabitare in virtù di dei più alti principi:libertà, tolleranza, pace.


La scuola non dimentichi che questa Unità d'Italia è unità con gli stranieri, con gli immigrati , con i nostri studenti ROM, è unità d'Italia in un periodo di crisi economica e di riscoperta, per tutti, ricchi e poveri, dei valori di sobrietà e austerità, dovuti a tutti quando si profila la possibilità di differenziazioni sociali di tipo economico, che vanno contrastate e colmate, a partire da un riconoscimento della dignità e del rispetto,di un impegno a tutti i livelli per un'affermazione dell'uguaglianza e della giustizia soprattutto.


Nell'Italia che vorrei c'e lavoro per tutti, c'è la casa per tutti, c'è la migliore sanità per tutti, la più alta politica per tutti, insomma c'è spazio per ognuno, si lascia spazio a ciascuno, a chi ha esperienza, a chi ancora non ce l 'ha e agisce sulla scorta dell' entusiasmo e del desiderio di fare della propria vita l'ambito privilegiato in cui si realizzano aspirazioni e sogni di bene comune,per se stesso, per gli altri, per i propri figli. Devo ricordarmi di dirlo ai miei studenti, devo dire loro che devono farsi costruttori di un'Italia migliore, dando ciascuno il meglio di sè stessi, sempre, in ogni momento della vita.


Devo dire loro che l'esistenza comporta gioie e sacrifici, incontri e distacchi, che a volte è grande la tentazione di infilarsi in un rifugio e non volerlo lasciare, che invece bisogna lasciarlo,per mettersi in gioco, per crescere, magari per tornarci più forti e maturi.

Devo molto a chi, intralciando la mia strada, è stato sprezzante verso i miei desideri di tranquillità e di benessere, e mi ha sfidato sul campo degli affetti e degli ideali, a costo di incrinare la stima e il rispetto che ci univa. Ebbene, grazie.

lunedì 14 marzo 2011

Bravo Gianni!


Sabato pomeriggio ho preso parte,a Oristano, all'assemblea provinciale del Partito Democratico,il mio partito.
Avevo deciso,fin dal giorno del ricevimento della convocazione,di parteciparvi,con il desiderio di sentire la relazione del segretario sullo stato di salute del partito e il conseguente dibattito.
La carne al fuoco era certamente molta,dalla situazione regionale,passando per le primarie andate male a Cagliari e Iglesias,dalle ultime notizie di Olbia;lo stato dell'arte sul livello nazionale,per poi arrivare a quello che più ci interessava,il Pd di Oristano e provincia.
Il pomeriggio inizia subito alla grande.Infatti appena messo piede nella sala di via Canepa noto un piacevolissimo particolare,quasi tutti i presenti portano sul bavero di giacche e giubbotti una fantastica coccarda tricolore per le celebrazioni dell'anniversario sull'Unità d'Italia.
E io,che non ho potuto partecipare al precedente appuntamento in Piazza Roma in difesa della scuola pubblica e della Costituzione e dunque non mi sono potuto appuntare la spilla, quasi mi sento un pesce fuor d'acqua per non avere quel simbolo ricco di un significato straordinario.
Poi comincia l'assemblea con la relazione di Gianni Sanna.
Che dire,un documento molto bello,di spessore,una relazione congressuale,come ha ricordato Roberto Scema,una analisi a 360 gradi sullo stato del partito, precisa,onesta,seria,di prospettiva.Mi ci sono riconosciuto totalmente e la ho condivisa anche nelle virgole!
L'ampio e articolato dibattito che ha suscitato ovviamente è stato all'altezza della relazione.
Complimenti Gianni,io credo che ci sia assoluto bisogno di momenti del genere,da condividere tutti insieme.
Il partito c'è,è vivo.Deve crescere,questo sì,ma non ho dubbi che,anche alla luce dell'appuntamento di sabato,questo avverrà.
Camminiamo tutti insieme,uniti.
Il nostro è un partito di prospettiva, anche a Oristano.
L'appuntamento di sabato,ne sono certo,rappresenta un gran bel viatico!

Di seguito pubblico la relazione del Segretario Provinciale,Gianni Sanna.

"Costituzione,Unità e PD.Il nostro impegno per concorrere a creare le condizioni di un futuro a città e territorio."

Buonasera a tutti.

Siamo qui, di sabato sera, nella giornata che molte piazze d’Italia dedicano alla Costituzione ed alla scuola pubblica.

Anche da noi, in piazza Roma, su iniziativa del Circolo di Oristano, c’è stato un breve Flash/Mob dalle 15.30 alle 16.20.

Un evento sentito, per non mancare all’appuntamento. Perché crediamo nella scuola pubblica e perché la Costituzione ci appartiene.

Perché la Costituzione è apparentemente “soltanto un pezzo di carta”, mentre lo stato dispone dei mezzi materiali per agire diversamente da come essa prescrive.

Ed allora dove sta la sua forza? Come è possibile che i principi dichiarati nella Costituzione trovino effettiva applicazione?

Vedete esiste effettivamente un contrasto di fondo tra il mondo del diritto ed il mondo della politica.

Il primo stabilisce come le cose devono essere in base alle norme ( prima di tutto quelle della Costituzione che sono poste al di sopra di tutte le altre), il secondo determina come le cose sono in base ai rapporti di forza tra le parti sociali, quelle politiche….

E badate, al di là dei meccanismi introdotti dai diversi ordinamenti per stabilire il primato del primo sul secondo, è sempre possibile che l’ordine costituzionale venga travolto dai nuovi rapporti di forza che si creano attraverso le relazioni ed i conflitti sociali.

E tuttavia le costituzioni non sono puramente e semplicemente dei “pezzi di carta”.

Enunciano principi che riflettono concreti rapporti di forza che si sono storicamente determinati tra quei gruppi, quelle correnti politiche e culturali che rappresentano i soggetti portanti di un nuovo regime politico.

Sono un patto concluso tra le forze politiche dominanti.

Qui sta in definitiva la forza di ogni costituzione. I gruppi che hanno aderito al patto costituzionale hanno uno specifico interesse a rispettarlo ed a pretendere che gli altri facciano lo stesso, perché altrimenti l’equilibrio politico sociale potrebbe rompersi con conseguenze gravi per tutti.

Perché la Costituzione sia effettivamente rispettata occorre quindi che quel patto iniziale sia mantenuto e continuamente rinnovato .

E che malgrado l’esistenza di divergenze anche aspre, rimanga in vita da parte di tutte le forze più importanti, la volontà di accettare alcune regole comuni.

Per questo noi oggi eravamo in piazza. Per di più nella ricorrenza, almeno locale, dei festeggiamenti per il 150° dell’Unità d’Italia promossa dal Prefetto.

“La Costituzione può ancora dare tanto al Paese e ciò non significa che sia intoccabile”. «La Costituzione italiana è frutto di una esperienza esemplare di alto compromesso delle principali culture politiche del Paese. Eventuali modifiche non devono stravolgerne l’impianto fondante definito innanzitutto nella prima parte».

Leggevo stamane che con queste ultime parole si è espresso anche il documento approvato alla 46 settimana sociale dei cattolici e quindi della Cei.

Con una sollecitazione finale, che personalmente condivido, indirizzata ai partiti politici e che quindi ci interpella.

“c’è bisogno di una legge, coerente con i correttivi che vanno apportati alla legge elettorale e alla forma di governo, che disciplini alcuni aspetti cruciali della vita dei partiti, prevedendone la pubblicità del bilancio e regole certe di democrazia interna”.

Pubblicità e democrazia nei Partiti. Se vogliamo che quel raccordo corretto tra eletto ed elettore non si spezzi ed allo stesso tempo non si rafforzino degenerazioni che vediamo quotidianamente rappresentate senza pudore a tutti i livelli. Insomma il 49 contiene un principio ancora completamente inapplicato della nostra Costituzione.

***

Scusatemi per questa breve disgressione, ma la ritenevo fondamentale, soprattutto per noi Democratici. Perché quei principi di fondo contenuti nella Costituzione rappresentano l’orizzonte di senso, il sistema valoriale, direi il collante che tiene insieme la nostra forza politica. Perché in quella Costituzione ci sono le nostre tradizioni ed insieme quella sintesi che le supera. Quel riformismo, che sta alla base del secondo comma dell’art. 3, che ci ha generato e che è stato riassunto così efficacemente al Lingotto nel 2007 all’atto della nostra nascita.

Il Pd sta li e non può essere altro. Come sta nell’art.2 e nel riconoscimento dei diritti fondamentali della persona. Quelli individuali e quelli sociali, il cui riconoscimento e la cui tutela non possiamo delegare a nessuno.

Lo ricordo sempre a me stesso per non dimenticare mai che questo criterio aiuta a capire ed al tempo stesso guida il senso delle nostre posizioni. Delle posizioni del Pd in questi ultimi diciotto mesi.

Ci sono questi valori dietro le due proposte lanciate dal Pd in piazza San Giovanni.

La prima: una Riforma Repubblicana per rafforzare la Costituzione,modernizzando Istituzioni e regole.

La seconda: Una alleanza per la crescita e il lavoro.

Una riforma delle Istituzioni e delle regole innanzitutto, per ricostruire.

Semplificando e rendendo efficiente il Parlamento e la forma di Governo, riducendo il numero dei Parlamentari, facendo una legge elettorale seria, facendo un federalismo responsabile e congegnato per unire, riportando ogni costo della politica alla media europea ( quanto aiuterebbe se localmente, dove governiamo, dessimo segni chiari in questo senso), semplificando procedure ordinarie, mettendo il cacciavite – come dice Bersani - nel funzionamento di ogni settore della pubblica amministrazione , definendo le incompatibilità e i conflitti di interesse, cancellando monopoli e posizioni dominanti a cominciare dall’informazione, introducendo norme, a cominciare da quelle finanziarie, per snidare le illegalità e le mafie. occupandoci dei diritti, dell’articolo 3 della nostra Costituzione, con leggi che sostengano la parità e riconoscano le differenze a cominciare dal ruolo delle donne nei ruoli di direzione, leggi che combattano l’omofobia, che garantiscano la dignità della persona nella malattia, che impediscano che il disordine dell’immigrazione ricada sulla parte più debole della nostra popolazione e che dicano finalmente a un bambino nato qui e figlio di immigrati: tu sei dei nostri, sei un italiano.

La nuova cittadinanza ed i nuovi diritti, o semplicemente i diritti, per i quali Selma dobbiamo attivare subito il Forum. Perché ne va della nostra identità. Perché chi parla di cittadinanza accosti a quella parola il soggetto politico Democratico

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La seconda un’alleanza per la crescita e per il lavoro; e cioè un patto fra Istituzioni, lavoro, impresa, soggetti della conoscenza e della sussidiarietà. Dove in quel patto ci sta una rilettura del nostro welfare a partire dal tema dei servizi e dalla condizione della famiglia piegata dalla caduta dei redditi, dalla non autosufficienza, dalla nuova disoccupazione giovanile.

Parlavo con una nostra giovane dirigente l’altra sera: preparata, scolasticamente eccellente, laureata, ormai con un master in tasca, che si è vista offrire dopo tanti curriculum presentati, solo un posto in un call center di un istituto di credito o un contratto per procacciare assicurazioni a domicilio..

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Su queste proposte il Pd ha lanciato la sfida. Su queste proposte è impegnato a costruire una proposta alternativa.

Nella fase del tramonto berlusconiano. Che sarà un crepuscolo che creerà tensioni drammatiche sul piano politico e istituzionale. Berlusconi si difenderà con tutte le energie per sopravvivere e alla fine del ciclo la ricostruzione democratica avrà bisogno di un concorso di forze. Non basteremo solo e non sarà sufficiente l’intero arco del centro-sinistra.

Se non per governare ( questo problema è oggettivamente aperto e la sua soluzione dipenderà dal momento in cui si terranno le elezioni e dal livello di scontro istituzionale cui ci porterà Berlusconi), almeno per ricominciare, per rinnovare quel patto su alcune regole comuni che non si toccano e che valgono per tutti.

Io sinceramente condivido che tenuta, grinta e progetto siano le tre parole chiave su cui il nostro campo si deve reggere nel prossimo anno. Tenuta perché Berlusconi cercherà di reggersi e noi dovremo avere più grinta di lui, grinta perché i sondaggi dimostrano che sta perdendo la presa sull’opinione pubblica mentre l’opposizione migliora la sua capacità di parlare ai cittadini, progetto perché comunque si andrà a votare prima della scadenza della legislatura e comunque a maggio ci sono le amministrative. E riguardano anche i nostri comuni e sulle quali stiamo operando.

***

Certo, di fronte a questa complessità noi abbiamo bisogno di un partito che sappia ritrovarsi. Dove il suo carattere plurale è una risorsa e non può mai essere un pretesto per tutelare ed amplificare le differenze interne, i marchi d’origine, magari da custodire e tramandare gelosamente solo per resistere. Il discorso vale a tutti i livelli. Riguarda la dimensione nazionale ma attiene anche alla nostra esperienza regionale e locale. Il partito a livello regionale va verso lo svezzamento ed a livello provinciale ha appena compiuto il suo primo compleanno.

Forse qualche considerazione è d’obbligo e qualche valutazione è necessaria. Può aiutarci nel cammino che ci attende.

A me pare sul piano regionale che non sarebbe male dare seguito a quanto emerso nell’ultima Direzione Regionale ad Oristano. Mettere la parola fine ai posizionamenti congressuali di quindici mesi fa, al dualismo maggioranza/minoranza, a questa infinita partita a scacchi che si gioca al nostro interno. Che non ci porta da nessuna parte e che tiene lontani dalle nostre discussioni ormai non soltanto i nostri elettori ma anche gran parte degli iscritti ed un numero sempre crescente degli stessi quadri dirigenti. Peraltro oggi non è più come un anno fa. E poi in un partito l’esperienza associativa non si vive come in un consiglio comunale, con le posizioni di maggioranza e minoranza che rimangono cristallizzate per cinque anni, registrando al massimo qualche piccolo smottamento – ora di qua ora di là – per sole ragioni di convenienza. In un partito il progetto è uno, non due o tre e tutti contrapposti. Anche in un partito plurale come il nostro.



Credo sia indispensabile che a livello regionale, e laddove nei territori ancora non è capitato, si arrivi ad una condivisione nella conduzione del partito. Certo mai sacrificando la discussione anche serrata, quando è necessario anche attraverso ampie consultazione dei nostri iscritti, per poi alla fine quadrare la proposta e sostenerla con convinzione . Insomma un’assunzione di responsabilità di tutti non è oltremodo procrastinabile. Silvio Lai l’ha evocata. Ora bisogna darle gambe. E sarebbe utile con una certa tempestività.

Peraltro non è da oggi che ritengo che gli Aventini non sono più sostenibili se vogliamo appunto che questo partito non si trasformi rapidamente in una copia sbiadita di quello delle stagioni decadenti che ne hanno preceduto i natali. E poi alla lunga gli Aventini producono effetti opposti a quelli desiderati: disperdono altrove il nostro consenso ed impegno ( in fondo le primarie a Cagliari ci insegnano anche questo) e rafforzano dentro, anziché ridimensionare, le posizioni meno disponibili al cambiamento.

Il Pd non può essere in Sardegna la storia dei Ds senza soluzione di continuità: non c’è dubbio. Né gli ex Margherita hanno appaltato ad alcuno il vessillo del cattolicesimo democratico dentro questa esperienza. Il Pd è o dovrebbe essere un’altra cosa.

Silvio deve chiudere rapidamente la stagione post-congressuale e le sue conseguenti divisioni.

Deve aprirne una nuova nella quale mettere alla prova la sua leadership nel partito e quella del partito nei territori. Come? Ho difficoltà ad individuare il percorso. Penso tuttavia che l’equilibrio non potrà mai essere trovato accontentando i “particolari”: ci sarebbe il rischio di un tilt da sistema. Non va dimenticato che in molti territori alcune nostre “articolazioni” interne, le chiamo così e non anime o tradizioni culturali per pudore e rispetto di quest’ultime, sono così radicate da costituire sistema, con i pregi ed i difetti che la lunga consuetudine col potere comporta: in alcuni casi un tutt’uno col sistema istituzionale. Forse l’equilibrio va trovato su un altro piano, su un piano alto, meno contingente e pertanto instabile.

Magari partendo da un progetto, che passi attraverso un’autonoma organizzazione federata a quella nazionale del partito sardo e non ad un organizzazione solo decentrata come si evince tristemente dallo statuto regionale non ancora definitivamente approvato; da qualche sana regola che ci accompagni in questo percorso che garantisca tutti e favorisca finalmente l’avvento di una classe dirigente solo democratica, senza aggettivi; da alcune proposte che declinino coraggiosamente la nostra idea di Regione secondo uno schema che ne valorizzi marcatamente la propria capacità di autodeterminare il proprio futuro. Sapendo che dietro questo progetto non c’è una tabula rasa, che c’è un cammino coraggioso che abbiamo già compiuto, foriero di risultati ed anche di qualche errore. Di tanto entusiasmo e di molte delusioni.

E che la sua prospettiva è la Sardegna del 2020.

Guardando finalmente avanti e non nostalgicamente indietro. Perché la storia non si ripete mai sempre uguale.

***

E poi c’è la nostra esperienza locale, quella provinciale. I nostri sforzi, le nostre difficoltà. La nostra unità e le nostre debolezze.

Se dovessi esprimere un giudizio dopo un anno di attività, mi limiterei a dire che abbiamo fatto solo una parte del percorso, calcando, in alcuni passaggi, sentieri che almeno all’inizio si sono rivelati un po’ ostici. Bisognava intervenire anche sulle abitudini. E non è stato facile.

• non eravamo omogenei allo schema maggioranza/minoranza che ha segnato l’esperienza regionale del partito almeno sino a ieri, e ciò talvolta ha creato anche “disagi personali” al Segretario Provinciale, chiamato nella dimensione regionale a fare i conti con meccanismi decisionali assolutamente diversi da quelli praticati localmente

• abbiamo realizzato un accordo unitario che ha provato a mixare appartenenze, storie o semplicemente sensibilità, senza mai riconoscere a queste ultime il diritto di esistere come articolazioni organizzative nei momenti delle scelte (uno mio, uno tuo): tutti necessari, nessuno determinante;

• abbiamo evitato meticolosamente caminetti: la segreteria si è assunta le sue responsabilità ed i suoi membri sono riusciti nella maggior parte dei casi a condividere l’esperienza senza mai sentirsi i guardiani di nessuno. Gli organi deputati poi hanno assunto le decisoni;

• abbiamo provato a mettere su un organizzazione territoriale, esistente in parte solo sulla carta e che il tesseramento 2010, con un operazione verità, ha messo a nudo ( circa 300 tessere in meno sui 1400 iscritti dell’anno 2008/2009 e con più di 300 nuove adesioni )

• abbiamo promosso la nascita di nuovi circoli accompagnando il processo senza mai forzarlo e favorendo la collaborazione, anche nella scelta delle rappresentanze istituzionali con alcuni successi e qualche mediocre risultato

• abbiamo promosso occasioni di riflessione nel territorio ed in città per riabituare iscritti ed elettori alla partecipazione ed alla fatica del dibattito utile. La conferenza programmatica itinerante prima delle provinciali, i forum, i flash/mob, le mille piazze. Mediamente un’iniziativa al mese. Alle due prime conferenze programmatiche abbiamo registrato presenze modeste, poi via via grande partecipazione, soprattutto alle iniziative dei forum.

• abbiamo messo ordine alle poche risorse disponibili, secondo criteri di trasparenza che vi saranno successivamente illustrati da Valerio.

Questi alcuni dei nostri sforzi.

Certo in quest’anno abbiamo fatto i conti anche con le nostre debolezze, correggendone alcune gradualmente e provando a costruire percorsi che permettano di superarne altre.

Abbiamo provato ad evitare gli assoli. Pubblicamente le posizioni sono state quasi sempre sintonizzate, superando il gap di un partito dalle mille voci, il protagonismo dei singoli.

Consapevoli che la credibilità passa anche attraverso la percezione dei cittadini e degli interlocutori politici e sociali di un disegno comune che ci appartiene

Abbiamo provato a non mancare su nessuna delle grandi questioni con il nostro punto di vista, sempre ragionato, documentato, condiviso al nostro interno. E’ successo sulla desertificazione dei nostri comuni dell’interno, è successo sul piano di riordinamento scolastico, sulla 162, sul futuro degli ospedali di Bosa e Ghilarza, sull’ambiente e le rinnovabili, sul fotovoltaico, sull’informazione, sulle quote latte, su Fenosu.

Forse non abbiamo urlato . Ma la nostra posizione è stata ferma anche se scevra da demagogia, nella consapevolezza che oggi siamo all’opposizione e domani vorremo essere al governo.

Abbiamo sollecitato prese di posizione nelle istituzioni più rappresentative, facendo i conti con maggioranze di centro destra ampie ma litigiose, sin dall’inizio della loro attività in affanno e prive persino dell’ entusiasmo degli esordienti.

Abbiamo messo su una conferenza dei nostri amministratori per rapportarci puntualmente con le problematiche delle nostre comunità e per riuscire a costruire un sistema di rete che permettesse a chi si dibatte quotidianamente con problemi talvolta insormontabili di disporre di soluzioni virtuose sperimentate da altri e per rendere al tempo stesso più puntuale ed in un certo senso pragmatica la nostra proposta di governo.

Amministratori e circoli saranno peraltro i protagonisti sin dalle prossime settimane delle iniziative territoriali, che si muoveranno su un’articolazione zonale coincidente più o meno con l’Unione dei Comuni.

I gruppi consiliari di Provincia e Comune, a partire dalla seconda metà del 2010 si sono coordinati sulle decisioni strategiche di competenza dei due enti. Da ultimo la vicenda dell’aeroporto. Sulla quale magari riferiranno alcuni colleghi.

Naturalmente il coordinamento non può riguardare solo noi, i gruppi consiliari del partito democratico, deve riguardare anche noi e le altre forze chiamate a svolgere il ruolo di minoranza.

Il problema assume in Comune connotati particolari, atteso che oltre al centrosinistra condivide questa funzione anche l’Udc e Forza Paris.

Credo che sia giunto il momento di capire se rispetto all’esperienza di governo della città esiste oltre ad un comune giudizio negativo su questa esperienza amministrativa anche la possibilità di elaborare una possibile proposta comune per il futuro di Oristano. O se si ritiene invece che la recente aggregazione che ha condotto il centrodestra compatto alla riconquista della Provincia, e successivamente alle sue immediate divisioni ed alle difficoltà di porre in essere efficaci atti di governo, sia il prezzo che la città di Oristano si appresta a pagare di nuovamente per altri cinque anni per un gap di coraggio ad avviare un’azione di cambiamento.

Detto ciò registro che proprio questa maggioranza ci sta proponendo sceneggiate invero incomprensibili. Invero non solo al Comune di Oristano ma anche in Provincia.

Al Comune guardiamo sbigottiti al Pdl e Sindaco che giocano una partita pericolosa per la Città, duellando per equilibri interni alla stessa maggioranza. Entrambi responsabili in egual misura del vuoto progettuale di questa Amministrazione. E della condizione in cui versa Oristano. Perché va detto a scanso di equivoci e senza distinguo : da un lato ci sono le responsabilità di un Sindaco e la scarsa dimistichezza col suo ruolo istituzionale, dall’altro c’è proprio il Pdl e le sue pesanti responsabilità amministrative con cinque assessori su otto nei settori strategici dell’azione amministrativa, col presidente del Consiglio Comunale, con la presidenza del cinquanta per cento delle commissioni consiliari.



I cittadini si attendono che loro governino, perché per questo li hanno votati. Ed hanno diritto di pretenderlo. E noi con loro.

E su quello che hanno fatto, prima o poi li giudicheranno. Questa volta speriamo senza dimenticare.

Su Oristano occorre prepararsi da subito. Un’idea della città da mettere nero su bianco e da subito una schiena di lista che la sostenga. Un progetto su cui aggregare il consenso di una società civile arrabbiata e forse rassegnata, ma che magari è pronta a non stare davanti al televisore ed ad uscire fuori se una proposta convincente ed una classe politica credibile si propone alla sua attenzione. Costruendo un’alleanza, ma non partendo da un’alleanza. Per smentire anche nei comportamenti che siamo tutti uguali.

Al Pd della mia città, ai colleghi del gruppo consiliare mi sentirei di chiedere di vivere la situazione divaricante nella maggioranza che governa la città di Oristano denunciandola, senza tuttavia rinunciare al grande senso di responsabilità richiesto a chi esercita pubbliche funzioni. Di farlo con grande intelligenza. Senza mai perdere di vista gli interessi della comunità, che pure ci ha affidato solo il ruolo di minoranza e non la croce del governo. Di condividere quando è possibile, di opporci quando è necessario. Di controllare sempre come è nostro dovere. Di non sommarci mai al Pdl per il piccolo cabotaggio, privo di qualunque prospettiva politica. Di non facilitare ad alcuno dei nostri avversari il percorso delle sue responsabilità. Di intessere rapporti e praticare comportamenti che accrescano la nostra credibilità ed autorevolezza.

Perché questa è la strada per superare la nostra debolezza politica in questo territorio, il nostro ritardo elettorale, il gap del centro-sinistra. Non ci sono altre strade, a costo di passare per presbiti.

E permettetemi infine, parlando delle nostre debolezze, un breve cenno sull’uscita dal Partito Democratico di Peppino Marras, delle sue dichiarazioni pubbliche e di un servizio dell’Unione Sarda in proposito. Senza sopravalutare il fatto una riflessione va fatta, solo per riportare l’evento nella giusta dimensione.

A me dispiace, come democratico e lasciatemi dirvi anche come Segretario del Partito Democratico. Ho condiviso con lui l’esperienza nella Dc, nei Popolari e nel Pd.

Se ne va, ci ha detto che approda all’API, la formazione di Rutelli. Una di quelle poche scatole vuote rimaste, che a suo dire andavano riempite. Lascia il centrosinistra e va dunque nel cosiddetto Terzo Polo.

Mi è capitato già di dire che ne avevo avvertito da un pò di tempo il sentore. Anche per una chiacchierata fatta meno di un mese fa ed i cui contenuti mi avevano incupito.

Ne prendo atto, ci ho riflettuto, credo seriamente. Perché dietro ogni gesto c’é sempre una ragione.

E va capita anche quando come in questo caso non si può assolutamente condividere per argomentazioni, modi e tempi.

Ha detto infatti di voler tornare al centro nella sua dichiarazione pubblica. Cosa voglia dire fatico a capacitarmene atteso che il pd non è certo un partito estremista e che Peppino è stato capogruppo ed il principale protagonista della linea del Pd in Consiglio Comunale ad Oristano e che proprio per questo motivo otto mesi fa si è candidato sempre col Pd in Consiglio Provinciale.

E poi una scatola vuota, come ha detto lui, non è mai uno spazio politico.

Al massimo, per dirla con un amico, può essere il luogo per le non scelte, un luogo senza troppe regole o controlli in modo da non dover mai rendere conto a nessuno.

I partiti non sono prigioni. Comunque.

E può capitare per tanti motivi che un eletto in Parlamento, in un Consiglio Regionale, in un Consiglio Provinciale o Comunale a un certo punto cambi partito. Dopo due anni, dopo quattro o solo dopo pochi mesi dalla sua elezione.

La buona fede e le scelte di ciascuno vanno comunque rispettate.

Ma insieme alle scelte di ciascuno vanno rispettate anche quelle di tutti coloro che nell’esercizio del diritto di voto hanno scelto l’eletto votando quel simbolo, o rivoltando il concetto: hanno scelto quel simbolo ed hanno così votato l’eletto.

Certo quando si fa il salto non si può restituire il voto, anche quando lo si vorrebbe fare almeno per tacitare chi te l’ha dato, però si può restituire il seggio.

Per il rispetto, che si ha il diritto di pretendere verso le scelte proprie, e per quello che poi si deve alle scelte di tutti.

Concludendo, volevo dire che un anno fa la mia elezione unitaria è passata attraverso un mix di procedure antiche ma anche di percorsi nuovi che hanno permesso di sondare innanzitutto nei circoli il livello di gradimento della proposta.

A quell’idea ho cercato di rimanere sempre fedele, anche quando ho avvertito dei distinguo in occasione della designazione del candidato presidente della Provincia, che mi sono stati rimproverati anche di recente sulla stampa locale.

L’unità e l’inclusione rimarrà un punto fermo del mio impegno verso iscritti ed elettori ben sapendo che affinché essa sia vera e non semplicemente una prigione dorata, dovrà sempre rappresentare uno stadio successivo a quello della discussione e del confronto interno.

E poi si decide e quella decisione vale ed è un impegno per tutti.

Non abbiamo marginalizzato nessuno. E’ troppo fresco il ricordo di sapere cosa vuol dire esserlo. Oggi rispetto al gennaio dello scorso anno esiste un’ossatura comune, ma mi sento di rinnovare l’invito di un anno fa: mettiamo “a disposizione” di tutti, le risorse di ciascuno perché possano diventare amici e compagni di tutti.

Nel territorio il partito si costruisce così. Non ci sono altre strade. E non basta il Segretario Provinciale ed il Gruppo dirigente.

Un partito che sa creare le relazioni, che unisce i territori, che tiene insieme la Città ed i piccoli comuni, che ci tiene collegati, che invita anche le generazioni ad un confronto.

Perché comunque ci deve essere un tempo per tutti.

Un progetto unitario che da l’idea di una comunità di persone che lavorano allo stesso obiettivo.

E quello che oggi rivendichiamo non solo per noi, ma per tutto il partito democratico sardo.

Sarà un anno impegnativo e la strada sarà accidentata.. Se dobbiamo aggiustare qualcosa facciamolo ora, perchè tra un mese non avremo più tempo per parlare di noi, per analisi introspettive in quanto ci interpellano la città e il territorio.

La nostra unità sino ad oggi ci aiutato a percorrere la strada intrapresa ed a raccogliere qualche risultato, risentendo il meno possibile di difficoltà che non sono dipese solo da noi.

Non sarebbe stato possibili diversamente raggiungere gli obiettivi che ci eravamo prefissi, promuovere le iniziative che abbiamo promosso, iniziare ad incidere sulla percezione che si ha di noi.

Quel disegno di allora spero possa rappresentare ancora il viatico per promuovere il Partito Democratico finalmente forza di governo di questo territorio.

domenica 13 marzo 2011

Eleonora d'Arborea a Gonnoscodina.


Annalisa Frau


Spirito critico e vivacità culturale hanno animato venerdì pomeriggio a Gonnoscodina la presentazione del libro di Stefania De Michele "L'Arcano Minore - Eleonora d'Arborea tra mito e realtà ", ricreando, nei locali del Monte Granatico che ospita la Biblioteca Comunale, una suggestiva atmosfera da circolo letterario, che da subito ha avvolto e coinvolto il folto pubblico. Doverosa una brevissima cronaca.

Sinceri e sentiti, seppur velocissimi, i saluti e i ringraziamenti, breve e concisa l'introduzione della scrivente, quasi gelosa degli spazi da lasciare ai relatori accuratamente individuati per rendere speciale l'evento. Il Sindaco, impeccabile nell'accoglienza, porge il suo saluto.Entusiasti operatori e responsabile del servizio biblioteca. Si comincia.


Caterina Pes, docente e deputato al Parlamento, esprime appassionatamente, con convinzione e determinazione, i tratti comportamentali e squisitamente psicologici della donna di ieri e di oggi, "ritrae" con sapienza e comunicativa una Eleonora d'Arborea "viva" in un misto di aspirazioni, di sentimenti, difficoltà del suo tempo, in una tensione continua tra impegni professionali e politici e vincoli affettivi personali. Caterina, travolgente, raggiunge tutti, in tante ci ritroviamo in Eleonora, in tante ci ritroviamo in Caterina.

Bachisio Porru, Dirigente Scolastico del Liceo Scientifico "E.Fermi" di Nuoro e Presidente regionale ANP, riserva la sua attenzione al libro e impegna tutti nell'ascolto di un'attenta e positiva critica dalla quale emerge la modernità della figura di Eleonora, tradottasi con efficacia in non pochi diritti sanciti dalla Carta de Logu.Gioca d'anticipo e conclude brillantemente con il riferimento ai lavori di ridefinizione dello Statuto Sardo, alla scelta di coinvolgere i giovani, all'intento di valorizzare gli spazi di autodeterminazione. La linea di continuità tra la Carta de Logu/Medioevo e lo Statuto Sardo/XXI secolo non è ideale, è concreta, dobbiamo acquisirne consapevolezza.


Stefania De Michele, giornalista di Sardegna Uno e Mediaset, oggi presente in veste di scrittrice, giovane e brava, solare, entusiasta e semplice, racconta la sua passione per la storia, i due anni di studio e impegno che hanno portato alla stesura de "L'Arcano Minore", racconta la sua Eleonora, recupera significativi riferimenti storici. La sua presenza a Gonnoscodina la porta ad operare all'interno del territorio del Giudicato, la Giornata Internazionale della Donna la induce ad evidenziare le tante conquiste fatte, di cui la Giudicessa d'Arborea è simbolo, ma a considerare anche il sussistere di condizioni di forte disparità per le donne di alcuni Paesi che ancora lottano per la conquista dei diritti fondamentali.

E infine la triste attualità che vede la figura femminile balzare agli onori della cronaca in forme che ne sviliscono la dignità e l'intelligenza.Ecco la donna di oggi ritratta da Stefania, nel centenario della sua Festa, inserita in un quadro storico complesso e contraddittorio.


Si conclude ma il discorso non è chiuso, è questo il bello della cultura e del confronto, è questo il risultato quando intellettuali doc fanno della passione per lo studio un impegno di vita. GRAZIE!

mercoledì 9 marzo 2011

Campagna "Vogliamo Zapping senza Forbice"

Discorso di Michela Murgia al Comune di Cagliari nel corso della consegna del premio "Donna Sarda dell'anno",assegnatole dalle Lioness di Cagliari.





Visto che ormai abbiamo rotto il cerimoniale, anche io prima di ritirare il premio voglio aggiungere due parole alle riflessioni del sindaco Floris. Sono onorata che il circolo Lioness abbia voluto tributarmi questo riconoscimento. Ho ricevuto molti premi nel corso dell’anno appena trascorso, ma desidero dirvi che la soddisfazione maggiore l’ho avuta dal fatto che il primo – il premio Giuseppe Dessì - è venuto dalla mia terra. Questo dimostra una volta di più che non è vero che nessuno è profeta in patria, e che non c'è affatto bisogno di aspettare che il nulla osta venga da fuori per considerarci all’altezza del mondo: la Sardegna sa riconoscere i talenti dei suoi figli e spesso sa valorizzarli. Poi sono arrivati gli altri riconoscimenti, tra questi il Campiello è stato sicuramente importantissimo, ma niente vale come il sapere che la propria voce è stata riconosciuta là dove è nata, come sta avvenendo del resto anche oggi qui in questa sala.



Devo dire però che Cagliari in questo processo di valorizzazione non è stata sempre prontissima. L’unica altra volta che ho ricevuto attenzione dal capoluogo è stato l’anno scorso, quando mi giunse un invito a fare da testimonial alle celebrazioni per i cinquant’anni della bambola Barbie, in una iniziativa sostenuta economicamente anche dal comune. Mi dissero che sia io che Barbie rappresentavamo esempi femminili di emancipazione. Ritengo di credere in un processo di emancipazione molto diverso da quello rappresentato da Barbie, per cui - mi scuserà il sindaco oggi – in quella circostanza declinai l’invito. Ben diverso è il valore del riconoscimento che mi viene oggi dalle Lioness, e infatti sono qui.



Sono felice di sentire dalla viva voce del sindaco che la cultura è uno dei settori di maggior interesse per la politica sarda. Vorrei fosse sempre vero, e sappiamo tutti che invece purtroppo così non è. Mi permetto di cogliere questa occasione per chiedergli di darne prova difendendo con più forza la scuola pubblica dall’attacco che sta subendo proprio dalle istituzioni che dovrebbero proteggerla. Le piccole scuole del territorio stanno chiudendo secondo un criterio di razionalizzazione che tiene conto solo di calcoli economici, e questa logica miope, in un contesto ad alto tasso di abbandono scolastico come il nostro, renderà più difficile l’accesso dei giovani sardi all’istruzione di base.



Voi oggi mi onorate perché ritenete che io dia lustro alla Sardegna, ma non dimenticate che ho studiato in una piccola scuola di provincia, e per questo oggi nel ritirare questo premio rendo merito al lavoro dei miei insegnanti e alla lungimiranza di una classe politica che allora era ancora in grado di capire che il futuro dei propri figli non lo si può calcolare con lo stesso criterio con cui si fa quadrare il bilancio di un’azienda commerciale. Con i parametri attuali quella scuola allora sarebbe stata chiusa, e io forse adesso non sarei qui. L’investimento in cultura non passa solo dal riconoscimento di chi della cultura ha fatto già il suo mestiere, ma dai luoghi primari dove la cultura diventa patrimonio di tutti: la scuola.



Grazie ancora alle Lioness per avermi dato l'occasione di ribadirlo davanti a una platea così sensibile e attenta.

Twitter,un esercizio quotidiano di igiene mentale

Beppe Severgnini

(dal Corriere della Sera)


Twitter non è il fratello minore di Facebook. Semmai il cugino. Parenti e diversi. Facebook ha sette anni, è stato creato da ragazzi per i ragazzi: lo usano anche gli adulti, ma siamo in affitto (morale). Twitter compie cinque anni. È più smaliziato, meno empatico ma più acuminato. Sociale e micidiale: basta saperlo usare.

Microblogging - la definizione ufficiale - è un buon riassunto. Gli interventi di 140 caratteri obbligano alla sintesi. Sono un esercizio quotidiano di igiene mentale, uno spazzolino per il cervello.

Sono diventato twitter il 19-04-2009 alle ore 14:14:17; da allora ho scritto 2.691 tweet (sul sito http://www.twitteritalia.it sono molto precisi). Mi seguono 48.724 persone; ne seguo 332. Quando m'imbatto in un intervento (tweet) intelligente, mi metto a seguire l'autore. Di solito, non mi pento.

Se voglio conoscere l'opinione su ciò che scrivo, cerco il mio nome sotto "menzioni". Domenica ho messo su Twitter (tweettato?) «Se non ora, quando? Capisco lo spirito, condivido il fastidio, discuto il metodo. Ancora piazze e slogan? È il XXI secolo, ragazze!» e sono stato sommerso di opinioni. Scrivere un commento sul "Corriere" poi è stato facile. E bello. In fondo, rispondevo ai lettori. Fino a ieri erano i lettori che rispondevano a noi.

Un altro esempio? Abbiamo inaugurato, su Corriere TV, la nuova videorubrica "Tre minuti una parola". I numeri dello streaming aiutano a capire se funziona; ma se scrivo su Twitter "Che pasticcio! Vi piace? http://bit.ly/hwuNnz" lo scopro subito. Complimenti e critiche sono immediati, originali e freschi. Franchi, ma non aggressivi. Twitter è per ora un luogo intellettualmente onesto. Isterici, viziosi e vigliacchi non l'hanno ancora scoperto. E se anche lo scoprissero, ho il sospetto che non faccia per loro. Dentro 140 caratteri ci sta un pensiero, non un proclama.

Twitter è un sondaggio istantaneo, un giudizio universale temporaneo, una gioia, un circo, un seminario accademico, uno sfogo, un malumore, un modo di capire dove soffia lo spirito del tempo (tramite la colonna "tendenze" sempre aggiornata). Lo usano alcuni personaggi noti, e moltissime persone meno note, ma non meno interessanti. I primi sono favoriti, ma spesso abusano della loro fortuna: Twitter non è un microufficio-stampa.

Twitter chiede richiede passione, tempismo, ironia e serietà. E' comunque un mezzo di comunicazione di massa, non un commento privato (ci sono però i "messaggi diretti"). Un tweet retweettato (rilanciato) può avere una diffusione esponenziale. Quando ho chiesto quali domande porre a Silvio B. - ammesso e non concesso che si faccia intervistare fuori dal partito e dall'azienda - ho usato il simbolo # (#intervistiamoberlusconi). Un modo per riunire le risposte e facilitare la ricerca.

Lo avete capito. Twitter permette un uso professionale e un uso personale, ma personalizza i professionisti e rende professionali le persone. Il rischio è la dipendenza, che porta alcuni a raccontare la propria giornata in ogni minimo dettaglio: ma poiché non tutti sono Joyce, gli effetti sono talvolta sconcertanenti. Un piccolo rischio di fronte a un divertimento utile. Un ossimoro del XXI secolo, gratuito e geniale.

martedì 8 marzo 2011

8 Marzo,Festa della Donna.

In questa giornata un pensiero per tutte le donne del mondo.
Una dedica particolarmente importante e riconoscente

per le donne della mia famiglia,per mia moglie,compagna di vita fantastica,madre straordinaria e lavoratrice indefessa;per mia figlia,bimba dolcissima,gioia infinita e ragione di vita.

Come in "Natale in Casa Cupiello"


In questi giorni,da grande appassionato delle commedie di Eduardo e della sua straordinaria arte,sto associando alcuni personaggi di una di queste,forse la più conosciuta e per me la più bella,"Natale in Casa Cupiello",a una categoria di persone,ahimè assai presente nella società, a cui non va mai bene niente e il cui livello di propositività è pari allo zero,mentre il loro modus operandi è caratterizzato esclusivamente da una critica aprioristica e preconcetta verso il fare degli altri.
Ricordate Luca Cupiello,nell'omonima commedia,intento nella metodica preparazione del presepio,al quale si dedica nonostante le critiche della moglie Concetta e del figlio Tommasino?
Luca,che per anni ha vissuto nell'illusione di una famiglia felice,ben rappresentata dalla figura natalizia del presepe e della Sacra Famiglia,alla fine si prepara a morire nell'illusione che il mondo sia come lui lo ha sempre creduto.Ma non è cosi!
Gran parodia, questa, della vita,dove, a fronte di persone che tutti giorni si impegnano per costruire qualcosa,mettendosi peraltro a disposizione di chi la pensa diversamente,con l'intenzione di stabilire un confronto finalizzato a una condivisione di obiettivi comuni da raggiungere,vi sono invece quelle,come Concetta e Tommasino,che si chiudono a riccio e a cui tutto quello che proponi e fai non va mai bene,a cui "o presebbio" non piace mai.

Io non stimo queste persone.

lunedì 7 marzo 2011

Il discorso di Calamandrei sulla scuola pubblica.(1950)

"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.

Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato i

n scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di previlegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili,si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata.

Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico."

Piero Calamandrei



(Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’ 11 febbraio 1950)

sabato 5 marzo 2011

Il Pd che vorrei.

Massimo Dadea.


Qualcuno sostiene che, in questo frangente, criticare il gruppo dirigente del Pd sardo sarebbe come sparare sulla Croce rossa. Potrebbe essere utile allora provare a delineare i contorni di un moderno partito riformista al fine di dare un senso ad una militanza messa a dura prova da un campionario di inadeguatezza, approssimazione, incapacità. Per prima cosa bisognerebbe correggere quel persistente strabismo che porta molti suoi dirigenti a guardare al nuovo soggetto politico con lo sguardo rivolto alle vecchie appartenenze.

Il Pd sarebbe dovuto essere un nuovo partito in cui il vecchio doveva dissolversi nel nuovo e tutti dovevano mescolarsi con tutti. Ancora in molti, invece, sprecano molto del loro tempo nella creazione di aree, sensibilità, correnti, nell’illusione di far rivivere le vecchie, anacronistiche, appartenenze.

Un partito che dovrebbe smetterla di servirsi delle elezioni primarie per consumare le proprie vendette trasversali, utilizzandole per quello che sono: uno straordinario strumento di democrazia partecipata, un momento di confronto tra diverse idee ed opzioni programmatiche, tra progetti diversi ed alternativi.

Un partito federato con quello nazionale attraverso un patto che assicuri pari dignità tra i contraenti, dove non c’è un centro che decide e una periferia che ubbidisce. Un partito innovativo in materia di riforme istituzionali, che prenda finalmente atto che l’Autonomia speciale è finita e che bisogna iniziare a battere strade nuove ed inedite. Iniziando ad infrangere alcuni tabù ritenuti intoccabili, come ad esempio l’opzione indipendentista. Indipendenza non vuol dire “ separatismo” e neanche “separatezza”. Indipendenza vuol dire costruire, consensualmente, un rapporto paritario, tra eguali, senza vincoli gerarchici, con lo Stato Italiano.

Un partito dove i suoi militanti non siano più etichettati come i fedelissimi di questo o quell’altro notabile, ma siano portatori di una propria idea di partito, di una propria esperienza, del loro vissuto, delle loro lotte, dei loro travagli, delle loro emozioni. Un partito in cui il cambiamento non sia solo annunciato, ma soprattutto praticato. Dove gli uomini buoni per tutte le stagioni, quelli sempre pronti ad immolare sull’altare del nuovo i destini altrui, mai i propri, vengano definitivamente messi alla porta. Un partito che non abbia paura di discutere delle proprie sconfitte e che sia capace di strappare quel velo di ipocrisia steso sulle cause della bruciante sconfitta elettorale del 2009.

Un partito dove la dialettica interna non si trasformi in un sordo lavorio per la conquista di una candidatura, di un assessorato, di un posto in un consiglio di amministrazione. Un partito che coltivi il primato della politica, consapevole che quando viene meno la dimensione etica della politica vuol dire che ad essa si sta sostituendo un pragmatismo bottegaio senza valori ed ideali. Un partito autenticamente laico, rispettoso delle fedi e delle convinzioni morali di ciascuno, dove le convinzioni religiose, filosofiche e morali siano distinte dalle leggi dello Stato, dove ciò che è considerato peccato non diventi reato. Un partito che ponga al centro il merito e la responsabilità, l’etica e la moralità pubblica.

Un partito che sfugga le suggestioni di un nuovismo senza valori che spesso scade in una anagrafica mediocrità. Un partito capace di promuovere un nuovo gruppo dirigente ed una nuova classe dirigente nella società e nelle istituzioni. Un partito in grado di dare corpo e gambe ad una precisa idea di Sardegna, ad un Progetto capace di coniugare un necessario processo di modernizzazione con la salvaguardia della nostra identità di popolo. Un partito che diventi un punto di riferimento per tutti quei cittadini che non si rassegnano ad un destino di marginalizzazione e di subalternità, per tutti quelli che a testa alta e a schiena dritta vorranno prendere nelle proprie mani le sorti della nostra Sardegna.

venerdì 4 marzo 2011

Un ripasso di storia:Pericle-Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.

Qui ad Atene noi facciamo così.



Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.



Qui ad Atene noi facciamo così.



Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.



Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.



Qui ad Atene noi facciamo così.



La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.



Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.



Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.



Qui ad Atene noi facciamo così.



Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.



E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.



Qui ad Atene noi facciamo così.



Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.



Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.



Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.



Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.



Qui ad Atene noi facciamo così.

giovedì 3 marzo 2011

Quale scuola per mia figlia.

La lettura della delibera della Giunta Regionale numero 11/12 del 1°Marzo 2011,avente per oggetto "Piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche e di ridefinizione della rete scolastica e dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2011-2012",mi suggerisce alcune considerazioni sulle scuole del mio territorio,soprattutto per via del mio "stato" di genitore di una bimba che,tra non molto,dovrà intraprendere la sua carriera scolastica.

Questa delibera è composta da una sorta di premessa che recita testualmente:"la Regione Sardegna promuove il pieno diritto all'istruzione e al successo formativo di tutti i sardi,ed è compito della Regione e delle istituzioni territoriali tutte individuare e condividere interventi strategici volti alla definizione di uno standard che permetta di soddisfare il diritto fondamentale all'istruzione e alla formazione, a prescindere dal territorio di residenza,dalla fascia anagrafica,dalle condizioni economiche".

Ebbene,partendo proprio da questa premessa, contenuta nel piano regionale appena approvato, voglio fare alcune osservazioni
di carattere generale,quelle che,verosimilmente,farebbe qualunque genitore al quale sta a cuore il percorso formativo del proprio figlio.


L'importanza e dunque la presenza della scuola nel territorio è fondamentale.
Negli ultimi anni gli amministratori hanno posto in essere tutta una serie di strategie che hanno consentito di mantenere questa istituzione,cercando di contemperare le esigenze della presenza del presidio-scuola con quelle di una didattica all'altezza.
Ed è questo,a mio dire,il cuore del problema.
Infatti,da genitore del territorio che vuole una scuola di qualità per la propria figlia,non posso assolutamente prescindere da questa considerazione.
Dunque presenza e qualità della scuola.
Qualche anno fa,per mantenere la scuola primaria ad Assolo e Asuni,venne posta in essere una operazione che potrei definire "alchimista",suddividendo il plesso in due.Questa organizzazione è servita,lo dico con molta sincerità,esclusivamente ad accontentare i due Comuni e le rispettive popolazioni che questo volevano,ma non certamente a rendere una scuola con una didattica di livello.
Anzi!
Se,all'epoca,avessi avuto una figlia da iscrivere alla primaria, questa fattispecie mi avrebbe seriamente preoccupato.
Mi pare invece che la nuova strutturazione,condivisa dalla Provincia e ora approvata dalla Regione, che i sindaci e le amministrazioni si sono dati, sia più rispondente a quel principio inderogabile che vede la presenza nel territorio di una scuola di qualità.In proposito, anche l'adozione del tempo pieno risulta importante se vi sono le condizioni,anche logistiche,per la sua attuazione,perchè non è pensabile immaginare che il bambino entra a scuola alle 8,30 per uscire alle 16,30,trascorrendo questo arco di tempo nella stessa aula e senza la disponibilità di spazi e strutture adeguati alla realizzazione di una didattica aderente ai bisogni e alle esigenze formative di alunni e studenti di diverse fasce di età.

E allora,con la speranza che anche per i prossimi anni l'istituzione scolastica,nel nostro territorio, permanga e semmai si rafforzi con il supporto dei numeri,auspico che mia figlia possa frequentare una scuola primaria e secondaria di primo grado che le consenta di crescere con una formazione che nel pros

eguo del suo percorso scolastico non la faccia sentire ,e soprattutto essere, una studentessa di serie B!

mercoledì 2 marzo 2011

Auguri Jacopo!

Ieri il mio carissimo nipote Jacopo ha compiuto 5 anni.
Insieme a mamma Simona e a babbo Piero abbiamo festeggiato questo compleanno,con i nonni,i parenti e gli amici.
Jacopo è un bellisimo bimbo,felice e sereno,che cresce circondato dall'affetto di tutti noi.
Allora Jacopotto,ancora un'infinità di auguri!


Un bacino tutto particolare dalla tua cuginetta Enrica,da zia Annalisa,da zio Marco,da nonna Gabriella e da nonno Serapio.